Arte Urbana
- Mappe N°23

Adriatic, a Map for a New (Dis)order Cultura / Nuove Visioni

Mappe °23


Articolo letto da 3 persone


Atelier Strato, Adriatic, a Map for a New (Dis)order, collage digitale, 2025

Per cambiare bisogna osservare con occhi diversi, allenare lo sguardo a una percezione nuova, sfuggendo a visioni e azioni sclerotizzate dalle abitudini. Adriatic, a Map for a New (Dis)order è una nuova visione dello stesso mondo, il cui centro è il mare, soggetto plasmante di un futuro ordine possibile. Rivedere l’Adriatico significa ragionare su un modello strategico estensibile, perché microcosmo che concentra dinamiche globali. In questa sottilissima striscia di “terracqua” si incontrano tre importanti tradizioni culturali e religiose: islamica, ortodossa e cattolica. Per la sua posizione strategica è stata fin dai tempi di Marco Polo porta e “porto” commerciale tra Oriente e Occidente, e i suoi litorali, per lo stesso motivo, proiezione di sogni imperialisti.

Oggi, dopo una lunga crisi avviata dai nazionalismi e proseguita con la globalizzazione, l’Adriatico torna centrale, grazie alla lontana Cina che, intuendone le potenzialità, vuole farne la “nuova” Via della Seta: prolungando le rotte dal Canale di Suez al nord Adriatico, punta a connettere oltre settanta paesi con il porto di Trieste, togliendo il primato commerciale al nord Europa (Anversa, Rotterdam) e al Pireo, accorciando di otto giorni i tempi di navigazione.

A questo si aggiunge la crisi energetica esplosa con la guerra in Ucraina, che ha messo in luce l’inaffidabilità dei fornitori-protettori della vecchia Europa (Russia e USA), costringendo a ripensare i gasdotti alternativi, croce e – si spera – futura delizia delle coste adriatiche, oltre che le numerose piattaforme marine abbandonate al largo delle sue acque. Ma ad ambiziosi investimenti vanno affiancate visioni altrettanto ambiziose, evitando però idealismi scollegati dalla realtà: occorre partire proprio da essa, dalle sue contraddizioni, inevitabili conseguenze di secoli di storia. L’obiettivo è capire come abitare questi fragili lembi di terra minacciati da una crisi ambientale in parte irreversibile, ricercando un delicato equilibrio tra economia, società e ambiente.

Nasce così Adriatic, a Map for a New (Dis)order, un arazzo-mappa che, giocando su iconografie tradizionali e salti di scala, pone l’attenzione sul mare e sui litorali che lo abbracciano, evidenziando le caratteristiche del suo paesaggio artificiale e naturale: una sovrapposizione di realtà minute e diffuse, ricucite dai fili del tessuto, che rivelano un antico e nuovo potenziale. Le due coste, occidentale e orientale, si fronteggiano con le loro similitudini e differenze. Il versante occidentale presenta oggi un continuum urbano denso – la “città diffusa” descritta da Bernardo Secchi – punteggiato da piccole e medie imprese e da strutture turistiche obsolete, rese fragili dalla pressione dell’economia globale. Le grandi infrastrutture lineari (ferrovie, strade, autostrade), insieme a politiche economiche miopi, hanno incrinato lo storico legame tra litorale ed entroterra.

Questa “no-stop city” adriatica, la cui continuità fisica contrasta con la discontinuità politica delle molte cittadine e frazioni (ognuna con dialetti e usanze), è più evidente sulla costa italiana, complice la morfologia frastagliata dell’altra sponda e il lungo periodo di regime comunista che ne ha influenzato lo sviluppo. Entrambe le rive, tuttavia, condividono un turismo di massa intensivo. L’intento è quindi riunire e mappare elementi esclusi dal racconto perché ritenuti problematici, sovrapponendo realtà spesso rappresentate separate: nascono così nuove costellazioni in cui la parte è importante quanto il tutto, perché se un nodo manca, la catena si spezza e l’ecosistema-mondo crolla.

Questo gesto di cura e ricucitura parte dal mare, rappresentato come un parco naturale abitato dalla flora e fauna dei suoi fondali: si fa emergere l’invisibile, nella convinzione che tutelare significa prima di tutto conoscere, e quindi vedere. Le sue acque, torbide o limpide, ospitano la biodiversità marina più ricca del Mediterraneo, anche grazie alle ingressioni del Mar Rosso dopo l’apertura del Canale di Suez. Al centro del mare, un esercito di mostri marini, presi in prestito dalle mappe medievali, abita le acque internazionali come simbolo dell’inquietudine per l’ignoto, a ricordare il valore e la sacralità di questa “terra di nessuno”. Alla vegetazione opaca si sovrappone una rete infrastrutturata, il rizoma teorizzato da Deleuze e Guattari: una cartografia mobile e adattabile, che disegna le rotte commerciali tra Oriente e Occidente, convergendo in nodi attivabili ovunque.

In mare, piattaforme petrolifere riutilizzate diventano hub polifunzionali; sulla costa, città portuali con una nuova autonomia politica. Serenissime 2.0, interconnesse e capaci di gestire l’eterogeneità di un territorio ancora organizzato secondo il centralismo dei nazionalismi ottocenteschi. In queste neo-Repubbliche Marinare, città e porto si fondono in spazi multifunzionali, in una porosità di beni, servizi e idee. La cabina balneare convive con il container industriale, la pensione turistica con la chiesa. Gli spazi residuali, ingombranti presenze della costa adriatica, si trasformano in campi di sperimentazione flessibili, dove le città-porto si attrezzano per affrontare le attuali instabilità climatiche e sociali in questa fase storica di profonda transizione.

Anche i litorali sono porosi: accolgono il mare che, tramite i fiumi dal corso espandibile in risposta a possibili alluvioni, penetra l’entroterra portando commercio e prosperità. In un rapporto organico tra solido e liquido, il Mare Adriatico appare come una “pianura comunicante”, soglia tra due coste e due mondi, Occidente e Oriente: diffidando dei binarismi, crea una terza realtà, dove culture diverse si ritrovano in un secolare spirito di tolleranza. L’Adriatico diventa il nuovo “Medio-Occidente”, capace di rispondere ai cambiamenti geopolitici globali. È il ritrovato “mare della prossimità, cioè del prossimo”.

Cartoline Adriatiche da un Futuro Antico

Proiettare visioni nel futuro evitando cinismi distopici o utopie ingenue è un esercizio complesso. Con una leggera inclinazione verso le seconde, ci abbiamo comunque provato, ancorandoci a constatazioni pragmatiche del presente e a sagge memorie del passato. Con la speranza che le “buone” visioni amplino la conoscenza, anticipino i bisogni della società e offrano spunti per soluzioni innovative e cambiamento. Queste due cartoline immaginano, in un futuro prossimo, due “nodi” simbolo della ragnatela della nostra mappa: Senigallia, una “piccola capitale-porto” della costa centro-occidentale, e una tipica “isola di ferro”, esempio di come riutilizzare le piattaforme offshore abbandonate nel medio-Adriatico, ripensando l’archeologia industriale come risorsa anziché problema.

In Senigallia, la non più “spiaggia di velluto”, la cittadina marchigiana è rappresentata senza l’arenile dorato, da oltre un secolo simbolo della sua vocazione turistica ed economica. Come abitarla quando la spiaggia verrà mangiata dall’innalzamento progressivo e costante delle acque? Come modellare il corso del Misa per contenere le alluvioni sempre più frequenti? Come ripensare la cesura della ferrovia e della statale? In questa visione dal mare alla terra, Senigallia è mostrata in tutti i suoi strati: dai fondali marini alle dolci colline segnate da secoli di paziente lavoro mezzadrile, fino alle lontane ma presenti montagne appenniniche. Un infinito in miniatura, a ricordare l’importanza della sinergia tra gli elementi, naturali e antropici, perché tutto è interconnesso.

Atelier Strato, Adriatic, a Map for a New (Dis)order, installazione audio-visiva, Padiglione Italia, Biennale Architettura 2025, Venezia. Foto© Anna Serio

Articoli Correlati


link to page

Architettura

- Progetti temporanei
Una macchina scenica per conoscere la Torre HEKLA
link to page

Eventi

- Rigenerazione sociale e urbana
Marzocca ReLab

di Cristiana Colli

link to page

Futuro

In attesa

di Emanuele Marcotullio

link to page

Bookcase

Victor J. Papanek

di Manuel Orazi

link to page

Architettura

- Mappe N°23
Storia di una metamorfosi

di Giulia Menzietti Ludovico Romagni

link to page

Workshop

- Marzocca Re-Lab
2° Urban workshop

di Cristiana Colli

link to page

Cristiano Toraldo di Francia

Cristiano e Adolfo

di Manuel Orazi

link to page

Arte Report / XXI

La ricerca della natura terza

di Andrea Bruciati

link to page

Architettura

- Nuove costruzioni
Spazio continuo e dialogo con l’esterno
link to page

Architettura

- Expo Dubai 2020 Padiglione Italia
Il software del mondo

di Gabriele Mastrigli

link to page

Design

- Mappe N°22
Le icone ritrovate della grafica di pubblica utilità
link to page

Architettura

- Ristrutturazioni
Materiali naturali, luce, spazi aperti

Vuoi entrare nella nostra Community?