Architettura
- Expo Dubai 2020 Padiglione Italia

Il software del mondo Le Marche negli Emirati Arabi

Mappe °17


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L’Università di Camerino è stata presente Il 24 febbraio 2022 all’Expo di Dubai, Padiglione Italia, con un evento promosso dalla Scuola di Architettura e Design e dall’azienda I-Mesh, che ha realizzato la copertura tessile della “promenade” dell’Expo, su progetto del prof. Werner Sobek. Il dibattito ha affrontato gli scenari che si prospettano nei nuovi modi di abitare le città, le attuali responsabilità degli architetti nel pianificare e progettare i propri habitat e i modi in cui l’architettura può contribuire a preservare il mondo da un eccessivo consumo energetico. Hanno partecipato all’evento i docenti Unicam Luca Galofaro, Gabriele Mastrigli, Federica Ottone e Dajla Riera, insieme a Werner Sobek e l’imprenditore Alberto Fiorenzi, fondatore di i-Mesh. Ha moderato il dibattito Cristiana Colli, direttore di Mappe. L’Università Politecnica delle Marche ha rappresentato la Regione all’Expo con il progetto Oasis in the Desert in collaborazione con la American University in Dubai.

L’Expo 2020 a Dubai, che si è svolta nel giovanissimo paese arabo con un anno di ritardo a causa della pandemia, è stata la rappresentazione plastica di alcuni aspetti legati alla cosiddetta globalizzazione sui quali vale la pena riflettere. Sganciata dalla realtà sociale locale e collocata in una zona franca sorta letteralmente nel deserto – come peraltro buona parte dell’urbanizzazione emiratina – questa Expo si è distinta per rappresentare il paradosso di quelle società così affamate di progresso da non essere in grado di verificarne gli effetti al loro interno. Il più rilevante riguarda direttamente l’architettura che qui rivela il suo valore sistemico. In contesti come questo l’architettura non è più soltanto un’immagine simbolica o un luogo abitabile, quanto piuttosto l’effetto di processi di modernizzazione in cui lo spazio architettonico assume un carattere residuale.

“Mobilità” e “opportunità”, due delle parole chiave dell’Expo, rivelano bene gli obiettivi di questi processi. Questa condizione che oggi osserviamo nelle sue forme più definitive, è un’eredità del modernismo, quando l’architettura inizia a spogliarsi della sua natura simbolica e materiale per proporsi sempre più come un dispositivo. La celebre equazione secondo cui la forma segue la funzione, denuncia bene il carattere programmatico a cui lo spazio deve attenersi. Per funzionare bene, il dispositivo non deve soltanto espletare i bisogni primari di chi lo usa, ma deve essere sempre più attrattivo e seduttivo, cioè deve indurre bisogni nuovi, creando letteralmente un bisogno di futuro senza il quale il progresso tecnologico-produttivo perderebbe gran parte del suo senso. Scopo dei dispositivi, pertanto, non è tanto quello di svolgere correttamente e velocemente funzioni specifiche a loro assegnate, ma adattarsi all’uso umano e comprenderlo allo scopo di generare nuovi bisogni e dunque nuovi usi. È in questo che consiste la loro intelligenza, incarnata della componente ‘morbida’ della loro struttura, appunto il software, che li genera e ne consente il funzionamento.

Superstudio, Gli Atti Fondamentali, Vita (Supersuperficie) 1972
Superstudio, Gli Atti Fondamentali, Vita (Supersuperficie), Viaggio da A a B, 1971

Esattamente cinquant’anni fa, nell’estate del 1972, partecipando alla grande mostra Italy. The new domestic landscape nella prestigiosa sede del MoMA di New York, Superstudio mette a tema queste questioni proponendo una radicale exit-strategy: invitato a creare un environment innovativo in grado di interpretare le esigenze della società futura, Superstudio rigetta al mittente la richiesta producendo n discorso sul significato degli strumenti che i sistemi globali stavano mettendo a disposizione.

In una mostra che celebra la bellezza e la funzionalità dei dispositivi, cioè degli oggetti, Superstudio propone un ribaltamento totale, cioè “una vita senza oggetti”. Tuttavia, la proposta del gruppo fiorentino non è ammantata da alcuna vena luddista o di ritorno ad una qualche età dell’oro. Al contrario si basa tutta sulla fiducia nei comportamenti umani e sul loro potenziamento proprio a partire dalle possibilità del sistema delle reti globali, agli albori in quegli anni.

Con Supersuperficie, ambiziosamente definito “un modello alternativo di vita sulla terra”, Superstudio immagina due tipi di azioni: la prima di carattere filosofico, diretta a promuovere un “miglior uso del corpo e della mente”, la seconda rivolta al “controllo dell’environment senza mezzi tridimensionali”, in particolare quello delle reti immateriali destinate a indurre comportamenti più che generare oggetti. Per questo, la griglia della Supersuperficie che consente la distribuzione di energia, è innanzitutto un “modello di un’attitudine mentale”, cioè un modo di organizzare le forme dello stare insieme, piuttosto che formalizzarle nell’ennesimo sistema di oggetti.

Nell’epoca in cui i computer iniziano a controllare le reti globali, Superstudio immagina, in qualche modo, di reinventare il software del mondo, cioè proprio la componente evolutiva dei dispositivi, quella che viene messa a punto grazie all’interazione con l’utente e che dunque si modifica attraverso un processo circolare tra progetto, uso e trasformazione. In questo modo la griglia sarebbe diventata un sistema in grado di liberare le infinite possibilità dell’essere umano emancipate dalla logica e dal significato stesso degli oggetti-dispositivi: “Poi anche le immagini sono lentamente scomparse, come nello specchio: ora restano favole e parabole, descrizioni e discorsi. Non più immagini, ma tracce di un comportamento volto a coinvolgere gli altri in una ricerca comune, volto a suggerire le possibilità magnifiche di riscoprire noi stessi e di autogestirci. L’unico progetto è così il progetto della nostra vita e delle nostre relazioni con gli altri”. Le ormai sempre più frequenti notizie sulla catastrofe ambientale in cui il “progresso” umano sta portando il pianeta, mentre ovunque trionfa il più bieco greenwashing, ci autorizzano a pensare che quella del Superstudio non fosse ingenua utopia, ma lucido e profetico realismo.

maggio 2022

Cristiano Toraldo di Francia Isogramma 1,80 m x 1,62 m fibra di vetro/carbonio

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