
San Severino Marche

È l’edificio più martoriato della città, per aver subìto danni da due terremoti e un incendio: dopo dieci anni di cantiere la chiesa della piazza principale di San Severino è tornata ad essere officiata.
Con un intervento all’interno che ha il sapore di antico, ma parla un linguaggio contemporaneo.
La chiesa parrocchiale di San Giuseppe a San Severino Marche, già danneggiata dal sisma Marche-Umbria del 1997, è stata teatro nel dicembre 2009 di un incendio per cortocircuito elettrico che lasciava l’edificio privo dell’altare laterale destro, opera seicentesca più volte rimaneggiata fino al secolo XX. La chiesa, costruita ex novo nel secolo XVII, è caratterizzata da una perfetta euritmia e, nonostante l’altare perduto non avesse più alcuna funzione liturgica, né rivestisse particolare valore artistico, si è ben presto preso atto che l’interno non poteva restarne menomato. L’obiettivo dell’intervento è stato, dunque, il “restauro dello spazio”, nel tentativo di ripristinare l’equilibrio perduto a causa delle fiamme.
Esclusa senza appello l’ipotesi di ricostruire l’altare “dove era, come era” – slogan di grande effetto, ma, come sappiamo, del tutto fuorviante – l’unica soluzione che è sembrata praticabile per tentare di ristabilire l’originale stereometria è stata quella di replicare il volume perduto in forma semplificata, adottando tecniche e materiali che rendessero evidente la contemporaneità dell’opera.
Nel tradurre in pratica questo proposito, nella prima fase di studio si è lavorato sagomando virtualmente una serie di profili metallici paralleli che replicassero l’inviluppo del volume originario. Ciò – prima ancora di aver compiuto rilievi di precisione sui resti e sul sedime dell’altare – è stato utile per simulare l’inserimento nel contesto con alcuni rendering. Questo processo ha anche permesso di sottoporre l’intento alla Commissione per l’arte sacra della diocesi camerte e, successivamente, di avere un confronto preventivo con il Soprintendente per i Beni Architettonici delle Marche dal quale, nel 2018, è giunto un esplicito incoraggiamento a procedere nello studio della soluzione prospettata.
L’approfondimento del progetto ha portato alla soluzione definitiva, meno eversiva rispetto alla prima provvisoria ipotesi: colmare il vuoto lasciato dalle fiamme con un elemento costituito da lame orizzontali in legno, assicurate a una struttura metallica di ancoraggio al muro. Non bisogna dimenticare l’esigenza di calcolare l’intero costrutto secondo i parametri che la normativa prescrive per le strutture in zona sismica. Da questa elaborazione è risultato l’elemento realizzato con lame ricavate da pannelli in multistrato di betulla dello spessore di 3 centimetri e sagomate mediante una macchina a controllo numerico. Le lame, trattate con finitura in due diverse tonalità di marrone e con un impregnante ignifugo, sono state fissate, in ragione di un interspazio di eguale misura, all’intelaiatura metallica che è completamente in secondo piano.

La “trasparenza” dell’altare, mutuata, se si vuole, dalla tecnica scenografica del “velatino”, fa sì che, accendendo alcune barre led posizionate al suo interno, si possa leggere il muro posteriore su cui restano visibili le tracce indelebili dell’incendio, le tessiture murarie e il pavimento originario in laterizio della chiesa. Di questo, sotto all’altare bruciato, si conservava ancora una piccola porzione, che ne testimonia anche lo schema di posa e che è stata opportunamente restaurata.
Nella ricostruzione ha poi meritato particolare attenzione la conservazione della commovente statua della Madonna di Lourdes; questa, aggredita dal fuoco, non è stata mai rimossa dalla nicchia né durante la prima fase dei lavori e neanche in seguito al violento sisma del 2016. Si è ritenuto doveroso, perciò, conservarla definitivamente in quella collocazione, vista anche la grande devozione di cui è fatta oggetto da parte dei parrocchiani. Tuttavia, per gli attuali orientamenti liturgici non è opportuno lasciare in venerazione un simulacro così deturpato; replicando il meccanismo dei cosiddetti “altari sipario” – molto diffusi a partire dal secolo XVII – si è posto davanti alla nicchia un quadro, già pala d’altare nella stessa chiesa fino agli inizi del secolo XIX. Un apposito telaio con cerniere permette al dipinto di ruotare e scoprire alla vista questa ‘Madonnina resiliente’ nella sua nicchia.
La chiesa è stata inaugurata il 15 giugno 2024 e nell’agosto successivo l’altare ha ottenuto il Primo Premio nella categoria “Opere realizzate” al Concorso di Architettura e Cultura Urbana promosso dall’Università degli Studi di Camerino e dal Consiglio Nazionale degli Architetti.


