In marineria con il termine sopravènto si identifica tutto ciò che si trova dalla parte da cui spira il vento, riferito alla posizione di chi osserva. L’abbiamo scelto per identificare tutto ciò che accade in tre giorni di musica e incontri quando a prendere il sopravvento sono le emozioni e ciascuno di noi si apre al “rischio” delle relazioni, nel momento magico in cui il mare dialoga con il centro storico, i marinai fanno ritorno alle loro case e il richiamo delle sirene diventa musica.
Le radici di Fano affondano nell’acqua del mare che lambisce la sua costa. La storia marinara della città è una storia fatta di duro lavoro e sacrifici, ma anche di successi e innovazione. Il Mare unisce le terre e i popoli, è una legge universale. Chi lo vive percepisce in maniera viscerale la natura in tutta la sua potenza e più di altri è consapevole di come il Mondo che ci circonda necessiti rispetto.
Anche la Musica, come il mare, ha un valore universale, precorre il tempo e utilizza un linguaggio in grado di parlare a tutti e di raccontare con leggerezza. Il “linguaggio musicale” è il più utilizzato dai giovani ed è in grado di catalizzare grandi folle veicolando messaggi su larga scala.
Sopravènto si propone di unire questi tre mondi: la storia di una comunità, il Mare e la Musica attraverso un modo tutto nuovo di raccontarli grazie al coinvolgimento di artisti di fama nazionale in grado di destare interesse in un pubblico quanto più eterogeneo possibile. È quindi un festival dal carattere fortemente specifico, in stretta relazione con il luogo che lo ospita di cui esalta le bellezze e peculiarità con uno sguardo plurale e dinamico. Attraverso la musica quel mondo di complesse tradizioni può essere esaltato e tramandato senza perderne memoria.
Colapesce e Dimartino
Per riuscire in questo intento la programmazione artistica poteva essere affidata solo a figure dotate di grandi capacità e di valori personali interconnessi con ciò che avevamo a cuore di raccontare. Abbiamo così ristretto la ricerca a quegli artisti la cui storia “sapesse di salsedine”, e le tematiche fossero il mare, la gente di mare, che vive il mare, che lo canta, che lo tramanda. Colapesce e Dimartino, tra gli artisti musicali attualmente più conosciuti della nostra penisola, hanno incarnato perfettamente questo profilo. Si tratta infatti di musicisti e polistrumentisti che con la recente rivisitazione del brano I Marinai di Ivan Graziani – composto e ispirato, secondo le fonti, proprio dall’ascolto di un coro di marinai fanesi – testimoniano nella loro storia artistica un legame con la nostra città.


La processione del barchino
La città e il mare sono profondamente legati l’una con l’altro. Se raccontare il mare nei luoghi della tradizione è qualcosa di consueto, farlo nei luoghi della cultura, come la ex chiesa di San Francesco, rende il tutto più suggestivo. Uno degli obiettivi del festival è infatti quello di collegare e far dialogare anche fisicamente queste due istanze tra loro. Fin dal suo esordio, il festival si è aperto e chiuso con una “processione” guidata dal mare al centro storico e viceversa. Grazie a una tipica batana dell’Adriatico spinta a mano dal porto fin dentro l’ex Chiesa di San Francesco, una folla sempre più partecipata di cittadini e curiosi si è unita in canti e “stazioni” al corteo, snocciolando melodie propiziatorie per il buon esito della manifestazione e per affidare al mare la preghiera “buon vento e mare calmo”, affinché il viaggio del festival procedesse a gonfie vele. La meta o “terra” di destinazione della batana è stata dunque il palco della ex Chiesa di San Francesco, dove, anche in futuro, può essere issata divenendo la protagonista indiscussa dei concerti e parte integrante del complesso scenico.
Gli spettatori e chiunque si sia imbattuto in questo corteo,
si sono dimostrati coinvolti e rapiti da questo rito tra il sacro
e il profano, felici di offrire la propria voce, le proprie braccia e gambe al servizio di scorta della barca anche nel suo percorso verso la riconsegna al suo bacino naturale.
I luoghi
Il porto, la sua darsena borghese e quella dei pescherecci con i quadri e il quartiere tipico “el gugul”, sono stati teatro di tutte le attività collaterali ma mai seconde del Festival. Vi si sono alternati talk tra i direttori artistici e marinai e pescatori fanesi, presentazioni di libri e di album musicali, veri e propri live e dj set come quelli che prendono vita sul ponte delle barche a motore ormeggiate nel canale. Momenti partecipatissimi e conviviali, irriverenti e intimi, che sono entrati a far parte dell’ossatura del festival.
Un’attenzione speciale è stata quella riservata ai bambini, per i quali sono stati previsti laboratori dedicati presso la MEMO Mediateca Montanari e all’interno della manifestazione Fano città da giocare, dove sono state proposte letture marinare e laboratori di avvicinamento alla musica e workshop curati dal mastro retaio Mauro Pipeta per creare uno scooby doo partendo dai fili di una rete da pesca.

Gli ospiti
Già nelle prime due edizioni del festival abbiamo potuto ospitare il fior fiore della musica indipendente italiana. Una flotta di artisti convocata e capitanata da Colapesce e Dimartino, che non hanno mai lesinato un proprio coinvolgimento anche in termini di performance artistica.
La prima edizione del 2024 è stata inaugurata da due padroni di casa, artisti affini al mare Adriatico, baciati dallo stesso sole e lambiti dalla stessa costa su cui sorge il festival: Maria Antonietta e Colombre, seguiti da Nicolò Carnesi e da Filippo Graziani, che ha ricevuto il premio, così come i direttori artistici, de “Le vele al terzo”, realizzate per l’occasione dall’Associazione Il Ridosso, come riconoscimento di quella che abbiamo definito azione marinara, ovvero quell’attività di attenzione o ricerca, attraverso il proprio lavoro, sui temi del mare e della marineria, che nel caso specifico si connatura con la riedizione della canzone I Marinai composta da Ivan Graziani.
Con la seconda edizione del 2025 il fil rouge, o come hanno detto in molti sagaci commentatori fil bleu per omaggiare il colore dell’elemento protagonista della rassegna e cioè l’acqua del mare, è stato il dialetto cantato nelle sue varie declinazioni. I cui massimi rappresentati della scena indie contemporanea sono: La Niña, pseudonimo di Carola Moccia, cantautrice napoletana che dopo gli esordi con la lingua inglese fa ritorno alla lingua della terra, delle sue radici, con ispirazioni alla musica barocca e a quella della tradizione mediterranea. Francesco Di Bella, che col suo nuovo album solista Acqua Santa sente e canta in napoletano, Massimo Silverio, autore dell’incantevole concerto all’alba la cui atmosfera di sogno sospeso è stata guidata dalla melodia dei suoi brani scritti e cantati nella sua lingua nativa, il cjarniel, lingua minoritaria delle Alpi Carniche. E poi l’amico e grande artista Dente e Any Other, alias Adele Altro, polistrumentista e produttrice attiva nella scena musicale italiana e internazionale. Menzione speciale va fatta agli artisti che hanno aperti i live della prima e ultima serata: Tutto piange e I fratelli Trabace.





La grafica del Vento
Raccontare Sopravènto, le sue finalità artistiche, culturali, relazionali ha richiesto sin dall’inizio la creazione di un progetto di comunicazione affiancato alla programmazione degli interventi che non esprimesse solo qualità grafica e comunicativa, ma costituisse un’anteprima dell’anima del Festival in stretta relazione con le specificità del luogo dove accade, della memoria della sua comunità, lette e rivissute con uno sguardo nuovo e profondo, “plurale e dinamico”, nella piena fusione di Mare e Musica.
La grafica si è quindi orientata verso i linguaggi poetici attuali e sperimentali del Novecento più liberi ed empatici, proposti in versioni che hanno per soggetto il vento, la sua leggerezza, la sua libertà senza condizioni, descritte con un ritmo grafico flessibile, morbido, poetico e insieme profondo.
Nella prima edizione (2024) il focus è stato la versione grafica del titolo Sopravènto, l’annuncio del festival affidato un’immagine che si flette in un’onda morbida generata dal vento. Nell’edizione attuale, quel movimento ha trovato forma nel logotipo della manifestazione composto da una sintesi visiva del suo nome come spezzato in due metà da una folata di vento. L’immagine centrale è creata da un vortice circolare di parole in libertà che al loro centro ruotano e si espandono come cerchi nell’acqua che iniziano a “respirare” tutta la vitalità di una brezza ritmica e leggera.
Il Festival è dunque “raccontato” da una comunicazione poetica e fluida, dove la scrittura è una presenza viva, che accompagna l’evento nel suo svolgersi e ne amplifica la voce. Autore del progetto è ma:design.




