Sulle colline di Urbino Giancarlo De Carlo progetta nel 1968 una casa, un’architettura sospesa nell’aria ma ben ancorata a terra. Scavata all’interno della collina. Le piante secolari diventano parte integrante della costruzione. Un luogo dove condividere i pensieri, le idee, i progetti, le utopie che hanno acceso gli animi all’epoca dei grandi sogni di rinnovamento. La storia di questa casa ha infatti un inizio lontano. È costruita intorno ai forti legami che si intrecciano con la vita di Urbino negli anni in cui Carlo Bo, rettore per oltre cinquant’anni dell’Università, invitò (era il 1954) un giovane amico architetto, Giancarlo De Carlo, per tentare di rinnovare gli spazi universitari e fare della città ducale, ormai ricca solo del suo passato, una città di studi e di cultura. Così ebbe inizio, da un’inedita geografia di amicizie nate nella guerra di Resistenza e poi nell’entusiasmo frenetico della ricostruzione, la grande avventura dell’intrecciarsi di scambi e relazioni tra personaggi eccezionali: Vittorio Sereni, Albe Steiner, Antonio Cederna, Elio Vittorini, Carlo Bo e gli amici Sichirollo, Livio, docente di filosofia, e Sonia Morra anche lei insegnante sempre ad Urbino.
Furono loro a invitare Giancarlo de Carlo, impegnato in quel momento nel piano urbanistico della città, a progettare una casa su di un colle nei pressi della città ducale. Della vecchia casa contadina rimane solo la cantina, profonda cavità testimone della presenza di chi, da tempo immemorabile, ha abitato il luogo. Il genius loci, l’origine, la cantina diventa il sostegno su cui la nuova struttura si appoggia. L’ingresso è uno stretto passaggio tra muri di calcestruzzo e la sponda erbosa di un quadrato di verde, dove sono state piantate erbe odorose. Questo e qualche albero inglobati nell’architettura inibiscono volutamente la vista del paesaggio, perché questo torni a dominare appena entrati, attraverso le grandi vetrate del soggiorno. Una davvero singolare compenetrazione tra natura e architettura. L’intricata articolazione degli spazi, le ampie finestre delle stanze, i lucernari sopra ai letti, il camminamento che permette di raggiungere, dal piano alto, l’ampio prato di gramigna costruito con i detriti della casa contadina, tutto sembra una sfida alla natura, da cui Ca’ Romanino esce vincente.
E infatti si rischia di perdere l’orientamento: tra piani sfalsati, scale nascoste e piani raddoppiati, salite e discese, fenditure nei muri. Il paesaggio si offre ovunque si decida di stare. Il fulcro della casa, quello che rimane indimenticabile, l’elemento che De Carlo ha pensato per creare una sorta di calore architettonico, sfida all’idea del sacro focolare, è la presenza di un cilindro sovradimensionato, non ornamentale, ma indispensabile fonte di calore: il camino cilindrico rosso attraversa il soggiorno a doppia altezza e congiunge la “piazza” degli incontri alla parte alta, dedicata alle cene, e alla rotonda dello studio. Anche quest’ultima è racchiusa da un segno curvo, gesto semplice e quasi impercettibile, ma capace di isolarla dal resto del mondo. “Per un architetto il problema di progettare gli involucri dei suoi spazi è a breve termine, ma invece è a lungo termine il problema di realizzare la trasformazione degli spazi in luoghi”. Così Giancarlo De Carlo e ora, in questo “luogo” è sorta la Fondazione Ca’ Romanino, un laboratorio di idee e di studi, capace di ospitare, in questo suo “involucro” privilegiato, persone e progetti per valorizzare e salvaguardare questa casa e l’opera di Giancarlo De Carlo, grande anticipatore dell’architettura condivisa, e, perché no, raccogliere le utopie del futuro.
Fondazione Ca’ Romanino
La Fondazione Ca’ Romanino nasce nel 2013. Prende il nome e ha sede nella casa che Giancarlo De Carlo progettò nel 1968 sulle colline di Urbino. È creata con lo scopo di favorire la conoscenza dell’opera architettonica e urbanistica di Giancarlo De Carlo a Urbino, elaborando progetti per valorizzare l’importante contributo che l’architetto ha dato al patrimonio storico e artistico della città e del territorio. Obiettivo importante della Fondazione è quello di partecipare attivamente alle iniziative rivolte a prefigurare lo sviluppo futuro della città e del suo territorio, promosse in tale ambito da enti, istituzioni pubbliche o soggetti privati.
Per Ca’ Romanino, la bella architettura dialogante col paesaggio, ricevuta in proprietà dalla fondatrice Sonia Morra, la Fondazione si propone quindi non solo di raccogliere le risorse necessarie alla sua sopravvivenza, ma di progettare significative iniziative culturali e di fare della casa e del luogo un centro di incontri e di convegni, un punto di riferimento per gli studiosi dell’architettura del Novecento.
Alessandra Laudati
Per favorire la conoscenza della casa, la Fondazione offre da alcuni anni la possibilità di trascorrere un soggiorno di almeno 24 ore a Ca’ Romanino, in cambio di una donazione. Si può così vivere una dimora unica, che conserva intatto lo spirito del suo tempo: si possono ascoltare vinili davanti al grande camino, osservare il Montefeltro dal camminamento in terrazza, entrare in contatto col genius loci seduti sul grande prato davanti all’antica cantina. Può entrare a far parte della Fondazione chiunque, condividendone le finalità, voglia partecipare ai progetti e alla loro realizzazione con idee e competenze, oppure con donazioni o versamento annuale di quote.
Si ringrazia per la collaborazione Gianluca Annibali, consigliere
di amministrazione della Fondazione Ca’ Romanino.