




Era soltanto un appartamento, un affascinante e grande appartamento al primo piano di un palazzo settecentesco nel cuore del centro storico di Jesi. I suoi pavimenti originali in pietra e marmo erano nascosti da un moderno parquet in legno chiaro e le pareti erano state tutte ricoperte da una omogenea pittura bianca. Era soltanto un appartamento da abitare, ma con una storia da raccontare. Oggi spazio DIMORA si fa carico di quella memoria, riportando alla luce i suoi antichi pavimenti originali, le incrostazioni murarie e gli affreschi dalle tenui tinte pastello. Eppure, il suo intento non è solo quello di testimoniare il passaggio del tempo, né tantomeno la sua ristrutturazione conservativa ha avuto come fine un mero recupero storico. DIMORA resta ancora un’abitazione privata, ma vuol essere soprattutto uno spazio da condividere, oltre che da vivere. Per questo motivo il progetto prevede che l’abitazione sia anche un centro di dialogo creativo, un project space aperto a progetti espositivi dedicati all’arte contemporanea e a eventi culturali dove linguaggi diversi possano fondersi insieme e coabitare uno stesso spazio.
Questo sfondamento della soglia abitativa avviene fin da subito, non appena si varca il portone della dimora. Immediatamente si ha la sensazione di trovarsi di fronte a qualcosa di ibrido, che confonde la percezione che si ha dell’ambiente. La prima sala, quella che accoglie subito il visitatore, è la cucina con al centro un lungo monolite dall’ampio piano cottura. La scelta di porla così in primo piano non è casuale; la stanza è il cuore della casa, un luogo conviviale dove soffermarsi a socializzare, sfogliare un catalogo, chiacchierare con un bicchiere di vino in mano. Da qui si può scegliere se entrare nello spazio espositivo o nel disimpegno che a sua volta dà su un corridoio che porta alla zona notte. Il percorso di visita, quindi, non esclude del tutto gli ambienti privati della casa e il motivo risiede nel fatto che l’appartamento non ospiterà in futuro soltanto mostre d’arte o eventi. La storia che spazio DIMORA vuole raccontare è ancora all’inizio, ma già ben delineata e prevede residenze e studi d’artista. L’appartamento infatti è accompagnato da un altro ambiente: un garage di 70 mq aperto su strada che potrà avere diverse destinazioni d’uso.

La condivisione allora non è più spazio-fruitore in un preciso momento temporale che ha inizio e si conclude con la durata dell’evento, ma comprende anche la figura dell’artista che ha un ruolo chiave all’interno del progetto. Un ulteriore elemento centrale che pone l’attenzione più sulla parte espositiva che su quella abitativa è invece l’illuminazione. Al contrario di una qualsiasi casa privata, qui la luce è stata pensata appositamente per poter valorizzare le opere d’arte che verranno esposte, sempre rispettando il contesto storico e gli affreschi dei soffitti. La soluzione luminosa scelta risulta leggera e quasi assente, una luce che accompagna senza imporsi, ma capace di mettere in risalto di volta in volta i lavori degli artisti a seconda degli allestimenti proposti.
Alla base del progetto c’è un’urgenza che la proprietaria e ideatrice di spazio DIMORA sente ormai da tempo. Le Marche hanno un potenziale artistico nascosto, ma immenso, che aspetta solo di poter essere utilizzato e valorizzato. Riuscire ad accogliere artisti che provengono da diverse parti d’Italia e del mondo in un contesto come quello marchigiano vorrà dire poter contribuire nel creare valore e stimolare il turismo. Ma significherà anche poter scoprire un territorio che lei stessa ha lasciato tanti anni fa e con il quale sente il bisogno di recuperare un contatto, un legame. Perché questo progetto non rimanga effimero è necessario costruire una rete tra le diverse realtà della zona e i suoi molti creativi. Il programma espositivo, infatti, si è aperto lo scorso agosto con una mostra dedicata a Chris Rocchegiani dal titolo Dove si disseta l’anima mia. Un primo capitolo dedicato alle sue radici, ma volto soprattutto a presentare le opere di un’artista che ha scelto la sua terra per dedicarsi alla sua produzione e che forse, più di chiunque altro, può capire cosa significa essere così legati al luogo che si è scelto di abitare.
