Editoriale

Mappe Grazie al futuro

Mappe °15


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C’è qualcosa di sacro e irriducibile
nel pensare al futuro.
C’è fiducia e ardore.
Per questa responsabilità che arriva da lontano
sono grata a tante persone, è l’occasione per dirlo.
Grazie alla famiglia Gagliardini –
ha creduto in me, sempre.
A Cristiano – un dono, un privilegio
averlo avuto al fianco.
Grazie a Pippo Ciorra – la Città Adriatica,
la spiaggia, il mondo, i segni – un tutt’uno.
A Emanuele, a Luca, a Massimiliano e Monica,
a Marta – ci sono sempre stati.
Grazie a chi ci ha accompagnato da lontano –
Didi, Manuel, Gabriele, Gianluigi, Stefano –
a chi arricchisce questo progetto
con intelligenza, visione e valore.
Con ognuno di loro c’è un dialogo ininterrotto,
un ascolto prezioso, un sostegno sicuro.

Adesso tocca a me. Con loro.
Grazie.

Ho scorso gli appunti di quei giorni fondativi, quando abbiamo concepito Mappe e dibattuto a lungo sul nome più adeguato a rappresentare quello che per noi era il Paesaggio. Era il 2012.

Il cuore sarebbe stato il progetto – in ogni sua espressione; le 3 M che significano Marche su Marche, mondo su Marche, Marche su mondo; uno sguardo frontale, di sguincio, laterale, interstiziale, non importa, ma contemporaneo. Mappe non poteva che essere nome e destino, e così è stato. Orizzonte dell’interpretazione, interconnessione tra i mondi, intreccio infinito, layer.

Narrazione che si fa gesto e azione – così è nato Demanio Marittimo.Km-278 – nel solco di quel common ground, di sensibilità e relazioni costruite in oltre 20 anni di attenzione al suolo e dal sottosuolo – ai magnetismi sottotraccia che muovono i processi che parlano col mondo. Progetto che si fa oggetto, architettura – reale e virtuale – committenza, contest.

Comunità di comunità che si fa community – Mappe non è solo una rivista, è piuttosto un metodo, un luogo di rappresentazione, uno spazio pubblico, un’opportunità. Questo numero è un omaggio a un uomo speciale – per le qualità umane e poi per le visioni che a distanza di decenni mantengono intatta la preveggenza. Con Cristiano ho capito il senso ultimo e profondo del monumento continuo, di quella rete gentile che abbraccia le cose umane, si appoggia live morbida e inclusiva, una possibilità aperta rigorosa e ordinata.

La copertina istogramma è omaggio eredità e manifesto. Continueremo a cercare l’immanenza del progetto, a leggerlo nella memoria e nello spirito del tempo, a decifrare ciò che ha anticipato il tempo e a riconoscere chi ha colto l’attimo, un attimo prima – non posso non pensare a Innocenzo Prezzavento. Ma anche a quei designer, artisti, scrittori, poeti, imprenditori, grafici, architetti che hanno saputo “aumentare “ lo sguardo, spostarlo, dilatarlo. Massimo Raffaeli inaugura uno spazio aperto di accoglienza, una galleria nella quale ogni ospite offrirà una sua lettura delle Marche, un altro layer delle nostre mappe.

Tanti segni dicono che il countryside variamente interpretato – quella piattaforma di urbanizzazione minore, paesaggio coltivato, stile di vita e anche di conoscenza – sarà al centro del dibattito internazionale; come spesso accade lo registra una mostra-manifesto – Countryside-The Future al Guggenheim di New York a cura di Rem Koolhaas. L’idea che il destino dell’umanità passi inevitabilmente per un ripensamento della campagna, senza nostalgie e anacronismi, è una prospettiva per la provincia italiana e le sue tante tessiture sociali, formali, cognitive.

La “campagna” che nella cultura e nella tradizione italiana è etica ed estetica, iconografia, dato antropologico, organizzazione sociale, disegno e struttura progettuale del paesaggio, sviluppo territoriale e di comunità, specializzazioni produttive, capitale sociale, biodiversità. Ma anche identità del patrimonio minore – dai beni demaniali a quella strumentazione concepita per la gestione funzionale del territorio e delle risorse che trattiene esperienza e intelligenza diffusa; memorie arboree e botaniche, produzioni tradizionali sul confine mobile con gli spazi non urbanizzati. Un ecosistema che accoglie progetti e desideri contemporanei. È un grande tema che ci riguarda. Tutto questo nelle Marche è quello che Guido Piovene ha definito paesaggio liturgico: non è qualcosa è tutto, è quella piattaforma che agisce come un’infrastruttura dello spirito e dello sguardo; sono le direttrici orizzontali – appennini costa e città – che incrociano la dimensione verticale delle vallate a pettine con i fiumi come naturale “strada del mare”. Tutto porta lì, al mare, alla dimensione adriatica di sviluppo, a transiti rotte e dialoghi millenari che si rinnovano. Sempre l’incrocio di quelle linee reali e immaginarie, che ritornano ricorrono e permangono.

14 febbraio 2020

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