Intervista

Ricostruzione sisma 2016 Intervista a Guido Castelli

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Intervista con

Guido Castelli

Commissario Straordinario alla Ricostruzione

Pur non essendo personalmente una persona colpita dal terremoto il sisma del 2016 mi ha però sfiorato in modi diversi e intrecciati. Prima di tutto da un punto di vista personale. Abito nelle Marche e, come molti italiani che vivono in zone non comprese ma abbastanza vicine al cratere del terremoto, nella mia casa sul monte Conero ho sentito con notevole violenza sia le scosse del 24 agosto che quelle della fine di ottobre del 2016. Tutte e due le volte sono stato svegliato e quasi sbalzato dal letto. Dopodiché insegno alla scuola di architettura UNICAM di Ascoli Piceno, essa stessa lievemente danneggiata in un comune che ha subìto danni dal terremoto e che è molto vicino a luoghi che dal sisma sono stati praticamente cancellati. Peraltro la sede centrale della mia università è in una città il cui centro è ancora oggi un’unica zona rossa con grossi problemi di ricostruzione. Dopodiché, nonostante una certa ritrosia, ho dovuto/potuto interessarmi alle vicende della ricostruzione sia come docente universitario, corresponsabile di una revisione del PSR di Camerino, che come consulente del museo MAXXI, che è stato coinvolto in alcuni aspetti “pilota” della ricostruzione di Amatrice. L’intervista al Commissario Straordinario Guido Castelli non verte quindi su aspetti particolarmente tecnico-politici ma si snoda piuttosto all’incrocio di queste mie esperienze personali, che sono quelle di un architetto e studioso, di un operatore culturale, di un “residente” e di un osservatore curioso delle dinamiche socio-economiche dei nostri luoghi e dei nostri tempi.

Pippo Ciorra – Siamo più o meno allo scadere dei primi sei mesi nel ruolo di Commissario per la ricostruzione. Si può fare un primissimo bilancio? Qual è la situazione che ha trovato e quali sono, se ci sono, i primi cambiamenti che ha cercato di mettere in atto? Come procede la collaborazione con i rappresentanti degli enti locali?
Guido Castelli – È certamente possibile definire un primo quadro, che ho rappresentato anche in occasione della recente presentazione del Rapporto sul sisma 2016 con dati aggiornati al primo quadrimestre 2016. La ricostruzione è una sorta di “creatura viva”, in costante mutamento ed evoluzione e noi dobbiamo agire comprendendo cosa sta cambiando e prendendo le contromisure del caso, volta per volta. Ricordo infatti che in questi ultimi anni diverse “esternalità negative” hanno concorso a ostacolare l’attività di ricostruzione. Cito soltanto l’inflazione crescente, l’aumento del costo dei materiali edili, l’allontanamento dal cratere di tante imprese richiamate altrove dalla vantaggiosità del Superbonus 110%, la difficoltà nel reperire maestranze, i carichi di lavoro dei professionisti. Nel complesso le criticità sono ancora numerose ma non mancano i segnali positivi. Il cambiamento che ho voluto compiere riguarda il passaggio dalle norme ai cantieri. Le prime sono state certamente molto importanti ma adesso è venuto il tempo di mettere a terra gli interventi e imprimere un’accelerazione. In tal senso va vista ad esempio l’ordinanza attraverso la quale ho stabilito nella data del 31 ottobre la scadenza per la presentazione dei progetti per le prime case, che devono avere la priorità ad essere avviati quanto prima. Numerose sono state anche le azioni sul fronte della “riparazione” economico-sociale: penso alle risorse destinate alle imprese grazie a NextAppennino, al miliardo e mezzo stanziato e messo a bando per lavori stradali nel Centro Italia, alla proroga del superbonus fino al 2025 e allo sblocco dell’Accordo quadro per la ricostruzione di 228 scuole. Infine, con gli enti locali il clima è davvero di piena collaborazione e disponibilità. Stiamo remando tutti nella stessa direzione e questo approccio è fondamentale per andare più speditamente.

PC – Il sisma ha interessato quattro regioni ma le ha interessate in proporzione disuguale. La ricostruzione procede in modo armonico o ci sono differenze tra le quattro regioni, considerando ovviamente la specificità della ricostruzione marchigiana? Le USR funzionano bene o necessitano di cambiamenti?
GC – La ricostruzione sta avvenendo in modo piuttosto omogeneo, compatibilmente con le differenze determinate dal fatto che ciascuna regione, territorio o comune ha caratteristiche diverse che, in alcuni casi, sono anche molto accentuate. Le Marche sono la regione che maggiormente ha risentito delle scosse che hanno colpito il Centro Italia, detiene il più alto numero di richieste di contributo presentate: sono quasi 16mila per un valore superiore ai 7 miliardi di euro. Da sola rappresenta il 56% del totale delle richieste e il 68% del totale degli importi. A mio parere le Usr stanno agendo bene e svolgendo un lavoro notevole. Impegno e professionalità non mancano.

Ospedale di Amatrice
Lavori in corso sulla Provinciale 4 Arronese

PC – Se per lei va bene, vorrei parlare di alcuni casi limite – quelli che rendono evidente anche “a occhio nudo” la difficoltà intrinseca di questo processo di ricostruzione. Penso ad Amatrice e Camerino, casi che a questo punto conosco meglio, o ad Arquata e Accumuli, o Visso o altri borghi quasi interamente distrutti. Si tratta di luoghi in cui il processo di ricostruzione e quello di ripopolamento sembrano marciare su convergenze tutt’altro che parallele. Col risultato che ad Amatrice vediamo ancora (quasi) solo ricostruzioni di strutture pubbliche, mentre a Camerino le esigenze dell’università producono inevitabilmente l’esercizio di una schizofrenia forzata tra l’espansione nelle aree esterne al centro storico e la convinzione che solo un rientro massiccio dell’università negli edifici dentro le mura possa avere un impatto rilevante sulla rigenerazione umana di Camerino. Qual è la posizione del commissariato su queste situazioni-limite?
GC – Come ho già detto ciascun caso va visto nella sua individualità e complessità. Parliamo di situazioni molto diverse tra loro all’interno di un cratere di quasi 8 mila chilometri quadrati. Non esiste un caso simile di ricostruzione, per un’area di tale ampiezza, nella nostra storia. Per i centri maggiormente colpiti è indubbio che ci sia la necessità di imprimere una accelerazione, trovando anche risposte efficaci rispetto alle esternalità negative di cui avevo parlato. Le persone ancora fuori dalle loro case sono complessivamente state stimate in circa 30 mila e questa rappresenta la priorità che sta al di sopra di tutto: dobbiamo riportare le persone nelle loro case. Il tema dello spopolamento del Centro Italia, problema con il quale conviviamo da alcuni decenni, è all’attenzione sia mia che del governo e proprio per questo stiamo mettendo in campo interventi importanti sul fronte della riparazione sociale ed economica. Vogliamo consentire alle persone di restare nei loro territori mentre è in corso la ricostruzione. Sostegno alle imprese, accesso ai servizi primari, connettività infrastrutturale e digitale, sono tutte azioni concepite in quest’ottica che ha anche una visione di più ampio respiro: rendere il Centro Italia un modello di area interna. Non è sufficiente il ritorno al passato, al “dove era e come era”. Per l’Appennino centrale c’è bisogno di realizzare nuove forme di sviluppo basate su sicurezza, sostenibilità e connettività.

PC – L’ultima fase del commissariato Legnini era contraddistinta (anche) da un tentativo di cercare una collaborazione più sistemica e armonica con la cultura architettonica e artistica. Non più solo i “grandi nomi” che depositano progetti o edifici pre-pagati in borghi dove non ci sono case, ma meccanismi di coinvolgimento più armonici, collaborazione per la realizzazione di concorsi, cooperazione per la redazione di veri piani di ricostruzione, coinvolgimento di istituzioni importanti – come nel caso del MAXXI e di molti atenei – perché il territorio “in ricostruzione” sia anche un luogo di produzione culturale e rigenerazione “artistica”, anche pensando all’enorme patrimonio storico-artistico coinvolto e alla possibilità di lavoro e sviluppo economico ad esso collegato.
GC – Si tratta di un approccio che stiamo rafforzando. Con il Presidente Giuli stiamo facendo incontri con i sindaci in tutte le regioni del sisma per confrontarci e sviluppare idee per progetti culturali che possano avere nel MAXXI un punto di riferimento per la produzione e valorizzazione di esperienze. Ci sono poi i quattro centri di ricerca, uno per ciascuna delle quattro regioni, che sorgeranno grazie alle risorse del Fondo complementare sisma. La collaborazione con i 10 atenei del Centro Italia coinvolti nella realizzazione di questi centri, e in altre iniziative, è fruttuosa e costante e la cosa maggiormente positiva è che le università fanno squadra prima di tutto tra di loro. Questo rappresenta un valore aggiunto essenziale. In generale, il Centro Italia è un luogo che racchiude un patrimonio assai importante ed è nostro dovere preservarlo e promuoverlo. Proprio avendo ben chiaro con questo obiettivo di valorizzazione è stato concepito il finanziamento da 50 milioni che ho stanziato per i Cammini del cratere, che mettono in connessione territori ricchi di spiritualità, centri piccoli e grandi ricchi di storia, arte e cultura.

Norcia, ricostruzione di casa privata

PC – Come procede la “ricostruzione economica”? C’è un tessuto di aziende che piano piano si sta rimettendo in moto e come può aiutarlo il commissariato? Ci sono casi virtuosi, anche al di là del turismo e dell’economia della cultura? Qual è la condizione attuale del rapporto tra sviluppo economico e ripopolamento? E come intervengono in tutto questo il PNRR e i vari bonus per l’edilizia?
GC – La ricostruzione economica, che chiamiamo riparazione, sta procedendo positivamente e il segnale migliore che potessimo avere è che il cratere sta dimostrando di essere “vivo”: c’è voglia di investire e di mettersi in gioco da parte delle imprese. Ho già accennato a NextAppennino, programma del fondo complementare al PNRR per le aree del sisma del Centro Italia 2009 e 2016, il cui avanzamento attraverso la macro-misura B ha consentito recentemente la concessione di una prima “tranche” da 294,8 milioni di euro, che vanno a sostenere 1.327 progetti, generando nel Centro Italia oltre 450 milioni di investimenti. Sono risorse importanti e, anche in considerazione del fatto che questo programma ha prodotto risultati apprezzabili in termini di capacità di spesa, vogliamo provare a farne giungere nel Centro Italia di ulteriori. Tra i “segmenti” di cui si compone NextAppennino merita un’annotazione particolare il Terzo Settore, a cui sono andati più di 15 milioni di euro, attribuiti a 49 diversi progetti. Si tratta soprattutto di servizi socioassistenziali e di servizi sociali e per la comunità. Si tratta di quelle azioni di sussidiarietà che sono fondamentali per mantenere la coesione delle comunità, garantire l’accesso a servizi e dunque anche contrastare l’abbandono dei nostri territori. Sul fronte dei bonus edilizia, come saprete, per la ricostruzione del cratere il governo ha voluto e realizzato la proroga del Superbonus 110% , mantenendo fino all’anno 2025 il meccanismo della cessione del credito e dello sconto in fattura. A tal riguardo, aggiungo che, con Banca Monte dei Paschi di Siena ho da poco firmato un protocollo d’intesa per riservare un plafond di 200 milioni di euro di crediti, legati proprio all’utilizzo del Superbonus, nei cantieri della ricostruzione del Centro Italia.

PC – Qual è la sua posizione su quelli che cominciano ad essere gli “scarti” della ricostruzione: piattaforme di cemento, servizi e infrastrutture, case temporanee che cominciano ad essere non più necessarie? Hanno ragione i sindaci che vogliono “tenere tutto” e pensare a un riuso, oppure bisognerebbe cercare di tornare a un paesaggio pre-terremoto?
GC – La questione del riuso o della eliminazione di quelli che vengono definiti scarti è complessa e diversificata. Ritengo che sia prossima la necessità di avviare un confronto, partendo dalle amministrazioni ma coinvolgendo anche gli ordini e le professioni interessate. Queste situazioni vanno per prima cosa censite e poi andrà valutato cosa sia più giusto e necessario fare. Non ritengo ci sia una risposta univoca rispetto al tema e tutto dipenderà da quelle che sono le diverse situazioni, volontà e possibilità di un riuso intelligente che in alcuni casi non sarà possibile, in altri invece sarà necessario. È un tema aperto e multilivello che non può prescindere dal coinvolgimento degli enti locali.

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