Lavagne e post it, appunti, bibite Paoletti e un ordine ossessivo. Benvenuti nel mondo dell’accessorio moda dove tutto è luminoso e cangiante; tutto brilla e luccica, chiaro, netto, bianco. Si intuisce la visione, la chiarezza, la geometria di chi lavora sul millimetro; la strategia lucida come un teorema, come quelle operazioni matematiche che si sviluppano in sequenze di segni, serie periodiche, moltiplicatori. Eppure tanto ordine mentale e tanto rigore poggiano sui desideri più vibratili, sui gusti più volatili, sullo stile che cambia collezione dopo collezione, direttore creativo dopo direttore creativo. Ma quello che permane da oltre quarant’anni è la maestosa abilità delle mani, la cultura e la cura divenuta artigianìa industriale. Certi prodotti sono sculture meravigliose, icone perfette, come la scarpa di Cenerentola – sembrava una follia, oggi è in produzione. Mani ad alta tecnologia è la filosofia che unisce sapienze, processi, luoghi. Un successo – 143% l’incremento di fatturato tra il 2021 e il 2022 – un numero che vale reputazione, capitale sociale, attenzione della finanza che conta.
Serra de’ Conti è tra i paesaggi che incrociano molti distretti, luogo di vocazioni imprenditoriali e saperi che migrano con felici contaminazioni e diventano spin off. Storicamente la calzatura, poi il packaging – funzionale alla creazione di scatole per le scarpe ma non solo – le eccellenze agro alimentari con la riscoperta della cicerchia a lungo legume negletto, le imprese culturali e creative, l’associazionismo vivace, gli esempi di riqualificazione architettonica e restauro celebrati e premiati per il loro valore emblematico. Si sa, in questi micro ecosistemi territoriali i salti di specie sono curiose creature che dispiegano visioni rispetto ai progetti d’impresa che sono progetti di vita. Niente è mai separato nelle storie autentiche, e ancora oggi le matrici di fortunate intuizioni imprenditoriali sono edificazioni studiate nelle business school alla voce NEC e capitalismo molecolare.
I luoghi di fondazione sono case nate come abitazione, dove al primo piano si abita, al piano terra si produce nel laboratorio che è ufficio amministrativo e reparto stile, nell’area esterna del parcheggio si sviluppa la logistica, e in qualche stanza dell’edificio si accoglie lo spaccio o outlet che sia. Questi edifici che appaiono come case sono in realtà infrastrutture economico-sociali, molecole di comunità, ambienti creativi e cognitivi ad alto valore aggiunto vocàti al problem solving, contesti antropologici che hanno nelle relazioni di prossimità la capacità di ammortizzare le sfide competitive delle reti nella dimensione globale.
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Queste case sono memoria e prospettiva del modello economico che le ha generate, elementi identitari irrinunciabili, corpi che hanno dialogato con l’architettura e l’urbanistica dei luoghi con superfetazioni concettuali prima che spaziali. Goretti – azienda Benefit – è un paradigma virtuoso di questa metamorfosi del capitalismo italiano a partire dal modello di business, dal rapporto con la comunità territoriale, dalla virtuosa coabitazione tra competenze e saperi formali sempre più essenziali guidata da un’efficace quanto visionaria leadership familiare. Oggi Goretti è parte pregiata e irrinunciabile di una filiera eccellente trasversale e transnazionale del luxury che, accanto al dialogo di ordinaria normalità con le grandi griffes, sviluppa linee e collezioni proprie che possono essere anche utilizzate come base o ispirazione per i brand del luxury con cui si collabora.
Consapevole che le catene di creazione del valore hanno nelle interlocuzioni con i soggetti attivi della scena culturale un asset di primo piano: è a questa lucida consapevolezza che si devono le molte relazioni con artisti, associazioni e realtà creative che influenzano e orientano le sensibilità delle collezioni, i pattern, e più in generale lo stock di conoscenza che costituisce la banca dati visiva dell’azienda. Così la casa-laboratorio originaria è divenuta l’head quarter intorno al quale ruota la disseminazione strategica di una costellazione di poli produttivi a diversa vocazione manifatturiera – Bergamo per lo stampaggio di componenti e accessori in ABS e altri materiali plastici, Forlì per la realizzazione in microfusione e saldatura di accessori e componenti in metallo, i tre poli di Serra de’ Conti organizzati in base alle lavorazioni.
Alla capacità e varietà produttiva corrisponde un mondo di accessori fatto di infinite configurazioni. Sono applicazioni e lavorazioni con tecniche differenti – borchie in ABS, stampa 3D, eco e per sublimazione, taglio e incisione laser, realizzazione guardoli; applicazioni a rivetto, termoadesive, graffettate, cuciture speciali, taglio ad acqua, stampa digitale UV Led, pietre cucite; e sono paillets, borchie, ricami, perle, cristalli, intrecci, tessiture, patch termoadesivi, imbottiture, pietre, fiori in rete, fiocchi. È il mondo variopinto e luccicante dei desideri contemporanei. Nella geografia dello sviluppo di Goretti c’è il cluster di Scandicci, il nodo di un network essenziale, una vetrina ineludibile, un polo di relazioni strategiche e conoscenze col mondo della moda che detta trend e tendenze. Essenziale come le 175 persone che costituiscono il prezioso capitale umano – tutte vengono dal territorio, e sono un presidio di biodiversità professionale che salva e rigenera le tecniche manuali del ricamo che in quest’area sono una tradizione legata alla cultura monastica, evoluta poi nei settori del decoro e delle confezioni.
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Nel bilancio di sostenibilità si legge che l’età media dei dipendenti è 38 anni e che il 75% di questa comunità professionale è composto da donne: la ragione la spiega con solida semplicità Giammarco Papi – il figlio dei fondatori Elvira e Sergio, oggi Amministratore Unico – “sono più brave, hanno una visione diversa del lavoro, sono più preparate, sono un valore”. Lo spettacolo della produzione accade in ambienti bianchi e puliti come una sala operatoria, tra colonne di scatole trasparenti in plexiglas che custodiscono cartine ordinate con i disegni dei decori e i materiali che come diamanti saranno le matrici da applicare sugli oggetti; il lavoro è organizzato con molte mani e molte macchine – concepite internamente sulle necessità specifiche come quella a cinque assi – ed è qui il vero capitale su cui insiste anche il pay off dell’azienda – mani ad alta tecnologia.
Gli spazi sono impaginati in linee orizzontali con le sequenze di macchine cucitrici a testa rotante 360°e tavoli per le cuciture e i montaggi in piano dei decori – si stima che il 60% sia per calzature, il 35% per pelletterie, il 5% per l’abbigliamento. Sul perimetro si stagliano magnifici magazzini automatizzati – quella meccanica favolosa che fa volare il made in Italy – un cervello organizzativo programmato per movimentare milioni di referenze schedate per tipologie di prodotto, provenienza, dimensione, colore – essenzialmente strass, principalmente Swarosky, borchie in metallo e in ABS. Intorno soppalchi in vetro accolgono altre funzioni aziendali – l’ufficio stile, la mensa e gli spazi per la socialità condivisa, l’area seminari. Da poco una parte della ,produzione è nei locali restaurati della ex-Fornace, un ambiente magnifico e carico di storia in aperta campagna che promette sviluppi, a cominciare dallo spin off Maket, un neologismo che nasce dall’incrocio tra make e makette, un’officina evoluta pronta a produrre, sperimentare, innovare.
Anche qui la sequenza di pieni e vuoti, i volumi vetrati, e la scelta del bianco monocromo restituiscono un ambiente di grande equilibrio formale, dinamico e flessibile. Il livello di precisione del lavoro in ogni suo passaggio è maniacale, una microchirurgia in più fasi che inizia quando il decoro viene preparato con le dime, montaggi in piano, cucito rigorosamente con filo Gutermann e termina nell’area finissaggio quando si lavora sulla confezione finale. Si parla di ogni pezzo per ogni numero e ogni mezzo numero. Un lavoro monumentale a cui naturalmente si è abituati – si chiama gestione del cambiamento.
Tra la magia delle mani e la meraviglia della tecnologia non si sa a chi dare il merito. Forse a quella chimica fine che dalle grandi vetrate quando lo sguardo scivola, lascia entrare colline uliveti e vigneti. Chissà.
“Le mani” di Goretti dalla ricerca e sviluppo delle lavorazioni,
alla progettazione e produzione con lavorazioni manuali.
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Progetto “Primo Atto”
Le opere realizzate dagli artisti dell’associazione Lapsus, con i quali è stato indagato il tema dell’affettività e della sessualità nella disabilità.
Con la collaborazione dell’associazione Lapsus
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Progetto “Mani Ribelli”.
La collezione primavera/estate 2024 racconta l’incontro con quattro persone realmente vissute nel territorio (Serra de’ Conti), Regina, Erina, Mafalda e Andrea: le loro vite, in apparenza ordinarie, sono diventate il cuore di storie che ci consegnano la preziosa eredità di ribellioni straordinarie.
Con la collaborazione dell’associazione TiVittori
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Progetto “Ave Monstrum”.
Goretti ha sostenuto e collaborato con Chiara Ameglio, danzatrice, performer, coreografa, per la realizzazione della performance site-specific sulla mostruosità. La performance ha avuto luogo nell’atmosfera delle grotte antiche del Museo delle Arti Monastiche di Serra de’ Conti.
Con la collaborazione dell’associazione TiVittori