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Officina Gio Ponti Scrittura, grafica, architettura, design

Mappe °17


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Introduzione di
Manfredo di Robilant e Manuel Orazi

Questo libro raccoglie otto saggi sull’attività di Gio Ponti, riferendola a quattro sfere di interesse: la scrittura, la grafica per libri e riviste, il progetto di edifici, il progetto di oggetti. La scelta di articolare l’indice sulle diverse sfere di interesse del protagonista è dettata dalla volontà di restituirne la programmatica poliedricità, pensando il lavoro di Ponti come il prodotto di una officina di progetto, in cui i materiali lavorati possono variare, ma gli strumenti e il metodo di lavoro sono comuni e hanno un epicentro fisso, in questo caso Milano. Al tempo stesso, la metafora dell’officina vuole suggerire come l’obiettivo costante dell’attività di Ponti progettista sia stato quello di far prevalere l’intenzione progettuale sul processo attraverso cui essa si realizza. Una officina può produrre intensivamente, ma resta il fatto che implichi una scala di organizzazione artigianale e conseguentemente un controllo sempre in presa diretta sul processo di produzione da parte del titolare.

Nel corso della sua lunga attività Ponti ha lavorato a moltissimi progetti, di cui tanti a grande scala, ma non ha tipizzato il processo di lavoro, preservando invece sempre il proprio ruolo autoriale. Può essere significativo a riguardo il confronto con due altri studi di paesi mediterranei che, come lo studio Ponti, si collocano sulla frontiera dell’innovazione nazionale – di Grecia e Spagna rispettivamente – e al tempo stesso puntano alla internazionalizzazione dei propri mercati: quelli fondati ad Atene nel 1951 da Constantinos Doxiadis e da Antonio Lamela a Madrid nel 1954, i cui rispettivi fondatori puntavano a un modello aziendale più che a un atelier. In entrambi i casi, la vita dello studio è andata oltre quella del fondatore, che si pone più come direttore che non come autore. Lo studio Ponti è forse quello che in Italia più avrebbe avuto le potenzialità per raggiungere una dimensione corporate, ma la biografia stessa di Ponti è eloquente al riguardo.

Singapore foto Bianca Rinaldi

L’aver lavorato all’inizio della propria carriera su grafica e ceramica – questa è l’ipotesi -ha abituato l’architetto milanese a compiere una traiettoria breve e lineare tra l’idea e la sua realizzazione, in un processo appunto autoriale.

Quando progetta, Ponti sembra volersi portare dietro questa linearità, a cui collega il proprio ruolo di autore: dalla scala dell’oggetto a quella dell’edificio lavora con l’intenzione di raggiungere un risultato pensato a priori, il più possibile a prescindere dalle imprevedibilità e dai conseguenti scarti di traiettoria che si possano frapporre fra l’idea e la realizzazione. In questo senso, il mestiere dell’architettura così come Ponti lo esercita è il risultato di uno sforzo univoco e mirato, dove la poliedricità deriva dalle molte scale alle quali progetta, non da una varietà di metodi. In tutti i casi, l’obiettivo è l’ottenimento di una conclusione, non la definizione di una tappa. Il catalogo dei lavori di Ponti – edifici costruiti od oggetti prodotti – sembra fatto di tanti microcosmi, ognuno sufficiente a sé stesso, e ognuno in grado di riflettere l’immagine dell’architetto.

Con questo, non si vuole certo negare la continuità e la contiguità fra i lavori di Ponti, nel tempo e alle diverse scale. Tuttavia, ognuno di essi può essere opera a sé, pensata come asserzione definitiva e assoluta di una volontà progettuale che Ponti stesso promuove attraverso le retoriche della volontà di forma e dell’istinto creativo, anche, se non soprattutto, davanti a incarichi complessi per le esigenze a cui devono rispondere, il contesto in cui devono inserirsi, il ruolo degli attori sociali ed economici coinvolti. L’opera a cui Ponti pensa è un’opera chiusa, non aperta. Il titolo di un breve libro che pubblica nel 1945, appena conclusa la guerra è emblematico: L’architettura è un cristallo. Il cristallo è una forma perfetta, che non può e non deve essere modificata, e il cui valore attiene alla sfera estetica, dunque simbolica, prima che utilitaria. Per un volume che esce mentre le rovine dominano le città italiane, si tratta di una presa di posizione netta. Nel 1957, una versione rielaborata del testo viene pubblicata con un titolo esortativo: Amate l’architettura.

Officina Gio Ponti
Scrittura, grafica,
architettura, design

a cura di Manfredo di Robilant e Manuel Orazi
Quodlibet 2023
Collana Habitat

Luca Barontini
I Cento disegni di Leonardo Savioli. Luogo, tracce, città ideale

Quodlibet 2023
Collana Quodlibet Studio.
Città e paesaggio.
Saggi

Il volume indaga il corpus delle circa cento tavole disegnate da Leonardo Savioli nei primi anni Quaranta sull’ambizioso tema della Città Ideale. Il punto di partenza è la distruzione della città reale a causa della Seconda guerra mondiale e dei suoi bombardamenti, che spinse allora tanto Savioli quanto il suo collega Leonardo Ricci e il loro comune maestro Giovanni Michelucci a guardare insieme verso il futuro con una rinnovata speranza. Savioli continuerà a lavorare per tutta la vita a questo ciclo di disegni, prodotti, come scrive Barontini, «ad un ritmo frenetico e spontaneo, che spesso spaventano lo stesso autore, il quale vi legge, come in uno specchio, le proprie paure e il riflesso del proprio stato fisico e mentale». Una ricerca carsica, che si è nutrita nel corso del tempo del confronto con i maestri internazionali – soprattutto il Corbusier di Chandigarh – e del dialogo quotidiano con gli amici architetti e storici dell’arte, da Lara Vinca Masini fino agli allievi, gran parte dei quali formeranno lo storico gruppo dei radicali fiorentini.

L’avversario – The Adversary
Rivista «Vesper» n. 9, Autunno-inverno 2023

Volume in lingua italiana e inglese
Quodlibet 2023

Il nono numero di «Vesper» è dedicato all’avversario. Avversare è volgersi verso qualcuno o qualcosa contro (in un combattimento, in un gioco, in una discussione, in un processo), ma è anche prendere le distanze da una posizione, da una teoria come da una pratica. L’etimologia dell’avversario implica quindi una logica di fronteggiamento: l’esser rivolto contro dischiude però paradossalmente il legame costitutivo dell’interazione fra antagonisti. Questo «incrocio di sguardi» fa dell’interazione conflittuale un luogo privilegiato di produzione di mascheramenti, mimetizzazioni, ma anche parate, ostentazioni, minacce, intimidazioni. L’avversario prende corpo sia inseguendo accanitamente progetti dell’Eden, sia lasciando prosperare immani miserie, mancanze, accantonandole in un altrove, che poi ritorna. È la misura (avversativa) della difficile ricerca di un equilibrio. Con saggi di Sara Marini, Roberto Esposito, Silvia Bodei, Lorenzo Mingardi, un’intervista a Kengo Kuma di Marco Vanucci et al.

Laguna Futuri
Esperienze e progetti dal territorio veneziano

a cura di
Marta De Marchi, Michela Pace Maria Chiara Tosi, Luca Velo

Quodlibet 2023
Collana Città e paesaggio.
Fuori formato

Forse esistono tante lagune di Venezia quanti sono i progetti che l’hanno interessata nel corso dei suoi mille anni di storia. Sia le grandi pianificazioni sia le minute hanno costruito spazi reali e immaginari alla ricerca di un equilibrio tra opposti: la terra e l’acqua, la natura e l’uomo, la necessità di regolazione e gli effetti imprevedibili dei cambiamenti climatici. È sul futuro, o per meglio dire sui molteplici futuri di questo territorio che il volume si interroga, e lo fa raccontando la prima esperienza partecipata di un Contratto di Area Umida per la Laguna Nord di Venezia. Le esperienze, le testimonianze e le riflessioni che ne derivano forniscono prospettive originali per guardare questi luoghi e riconoscerne non solo i mutamenti fisici e spaziali ma anche quelli propri dell’immaginario di chi li vive quotidianamente. Un complesso eterogeneo di informazioni, temi e confronti, descritti e mappati sotto forma di atlante eclettico, compone così un vero e proprio lessico lagunare.

Theodor Cron
Stanze italiane
Italian Rooms

a cura di
Markus Breitschmid, Enrico Molteni

Testi in lingua italiana e inglese
e con la riproduzione fotografica
del dattiloscritto originale tedesco

Testi in lingua italiana e inglese
e con la riproduzione fotografica
del dattiloscritto originale tedesco

«C’era qualcos’altro in queste stanze, qualcosa che non avevo mai considerato prima e che ora voglio spiegare.» Scoperto di recente negli archivi dell’architetto Theodor Cron, Stanze italiane è un testo originalissimo sulla concezione dello spazio architettonico e sulla sua continua ridefinizione. Scritto nel 1947, è il risultato di un viaggio nel Sud Italia in cui l’autore osserva anonime stanze saracene e ne confronta le qualità architettoniche rispetto ai canoni dell’architettura praticata nel Nord Europa. “Qui si abita sul pavimento, mentre noi viviamo tra quattro mura”: è l’affermazione paradigmatica che permette a Cron di proseguire con una serie di osservazioni originali, secondo una concezione dello spazio genuinamente diversa dai paradigmi spaziali del Movimento Moderno. Il saggio, ancor più che per il suo carattere storico, si caratterizza dunque per un apporto teorico che, in questo senso, ha un valore senza tempo e fa del testo una sorta di rivelazione nel panorama del contemporaneo.

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