L’incarico per il Museo Archeologico Oliveriano di Pesaro consiste nel progetto delle diverse opere per il riallestimento della collezione permanente nelle sale delle ex scuderie di Palazzo Almerici, palazzo settecentesco sede della fondazione Biblioteca e Musei Oliveriani di Pesaro. Il primo nucleo della collezione è frutto della donazione Passeri e Olivieri, eruditi archeologi e antiquari di fine Settecento, il cui lascito è ora proprietà della città di Pesaro. Il museo raccoglie quindi reperti rinvenuti in fasi successive: dalle prime ricerche antiquarie di Passeri e Olivieri (XVIII sec.), ai primi scavi scientifici moderni dell’Italia Unitaria (1893-1895) ad opera di Brizio, fino alle ultime acquisizioni del 2013, in occasione dei lavori autostradali a ridosso della Necropoli di Novilara. I reperti in esposizione raccontano un arco molto esteso della storia del territorio e delle civilizzazioni centro-nord Adriatiche che va dal Neolitico all’emergere delle popolazioni picene fino all’affermazione della religione cristiana.
S.O.S. – Supporto Opera Spazio. L’intervento realizzato è frutto di una collaborazione durata sei anni, dal 2016 al 2022, che ha visto noi architetti lavorare a stretto contatto con la sovrintendenza archeologica nella figura della dottoressa Chiara Delpino. Le collezioni sono state studiate, dissezionate in unità scientifiche e ricomposte con soluzioni dedicate ai diversi reperti e nelle diverse sale; utilizzando il disegno dei supporti come elementi di mediazione tra opera archeologica e spazio architettonico.
Tra gioco e scienza. Le vicende che portano alla formazione della collezione pubblica pesarese sono emblematiche della nascita della disciplina dell’archeologia, da divertissement e strumento per il collezionismo antiquario di gentiluomini funzionari dello Stato Pontificio, a disciplina umanistica che forma professionisti specifici con il supporto delle scienze della topografia e dell’ingegneria.
I reperti stessi portano i segni di questa evoluzione; per anni gli archeologi moderni e contemporanei si sono interrogati se le bellissime incisioni delle stele di Novilara fossero originali o reincise in ambiente antiquario per una migliore collocazione sul mercato. Il primo tema affrontato è stato quindi raccontare – attraverso lo spazio – l’emergere di una disciplina praticata inizialmente a metà tra erudizione letteraria, collezionismo e commercio antiquario. Quello che per gli scienziati e gli archeologi era un problema è stato per noi un motivo di suggestione progettuale.
Il museo è un’isola che non c’è. Il museo archeologico è uno spazio onirico, allude inevitabilmente a uno spazio e a un tempo che non ci sono più, le storie di donne e uomini del Neolitico, degli abitanti piceni del secolo VIII a.C, dei colonizzatori romani sono da ricostruire e da mettere in scena. Come nei giochi dei bambini, il museo ricrea un’unità di luogo attraverso la metafora e il gioco. Spesso si richiama il museo quale spazio testimoniale e didascalico. Al contrario, in questo lavoro, i temi della sorpresa e dello spazio ludico sono portati nel progetto museografico, perché è attraverso il gioco che è possibile l’apprendimento: non solo i bambini, anche gli adulti hanno diritto al gioco. La visita è organizzata in sezioni didattico-museologiche – l’introduzione, la Necropoli di Novilara, il lucus pisauriensis, la Pesaro romana e paleocristiana, i temi del collezionismo frutto dei lasciti Passeri e Olivieri. Le sezioni sono articolate in ambienti dedicati, dove ogni spazio riservato ha la funzione di mettere in scena i reperti della collezione presentati, in un’ottica di allusione al tempo e allo spazio di provenienza. il progetto mutua il linguaggio dall’arte contemporanea e lo porta nella tecnica dell’allestimento. Il museo diventa l’occasione per disegnare supporti espositivi a misura di reperto, della sua aurea, delle sue fragilità, del suo significato: i supporti alludono alla storia del reperto e costruiscono un ambiente immaginario in cui questi sono collocati.