Il disegno di impianto nasce dalla interazione di due dati fisici che si manifestano sul sito attraverso distinti orientamenti: il tracciato viario di via Madonna delle Carceri che dal centro storico di Camerino, oltrepassata la Porta Buoncompagni, si immette sulla strada provinciale Muccese; la morfologia del suolo segnata dall’andamento delle curve di livello che misurano una rilevante variazione altimetrica. Il progetto recepisce e interpreta formalmente questi dati traducendoli in due figure che emergono dalla rappresentazione planimetrica. La prima figura individua l’edificio, la superficie coperta, e si dispone parallelamente alle curve di livello; la seconda figura definisce la sua pertinenza, la superficie aperta a diretto contatto con l’edificio, parallela al tracciato viario. La sovrapposizione delle due figure determina una frizione che genera uno spazio di relazione tra interno ed esterno, un luogo in cui convergono i percorsi di accesso. In questo senso l’edificio è stato immaginato come un grande “chip”, assimilabile a una piastra di silicio con circuiti integrati, uno spazio specializzato nel suo uso che si proietta nell’immediato intorno attraverso un sistema di filamenti, elementi di connessione logica e fisica tra le polarità disperse del centro universitario camerte.
L’edificio, destinato a centro di ricerca per la chimica dell’Università di Camerino, ha una forma quadrata, i suoi lati misurano 54 metri, e si articola su tre livelli. Su ogni lato è previsto un varco di accesso segnato da un percorso pedonale che, intercettando la quota altimetrica dell’intorno urbano, la proietta all’interno dell’edificio seguendo una traiettoria dettata dalla topografia. Alla geometria elementare della pianta si contrappone una sezione complessa, che interagisce con la pendenza del suolo generando due distinte spazialità sovrapposte e interconnesse. Il primo spazio aderisce al terreno e assume un carattere tettonico. Si mostra come una massa scolpita e abitata al suo interno, occupata da un’aula multimediale, una caffetteria e da laboratori speciali. Il secondo spazio si stacca dal suolo ed emerge come una figura astratta, idealmente sospesa tra la terra e il cielo, che accoglie al suo interno laboratori di ricerca, studi docenti e sale riunioni. Queste due spazialità restituiscono il principio strutturale che governa la costruzione dell’edificio: un ancoraggio al terreno espresso da massicci muri di contenimento e robusti pilastri di forma cilindrica, entrambi in calcestruzzo, che sorreggono una grande piastra su cui insiste un telaio in acciaio avvolto da un involucro trasparente schermato da doghe in alluminio microforato. Sulla sommità dei pilastri cilindrici, nel punto di contatto con la piastra, sono collocati i dissipatori sismici che, assorbendo passivamente l’energia liberata dal terremoto, isolano la struttura portante dell’edificio dagli effetti di un terremoto. Per le elevata resistenza alle azioni sismiche, l’edificio è stato ritenuto strategico nell’organizzazione delle operazioni di protezione civile durante eventuali future scosse telluriche.