Cosa lega il rifugio Tito Zilioli sul Monte Vettore, il Centro polifunzionale di Spelonga di Arquata del Tronto e l’Accademia della Musica di Camerino? La risposta immediata è che rappresentano tre interessanti nuovi spazi, nati nel 2020 a servizio dei territori marchigiani colpiti dagli eventi sismici del 2016-17. È tuttavia possibile tracciare una rete di relazioni formali e funzionali meno convenzionale, che innerva i tre oggetti architettonici e restituisce una lettura alternativa di essi.
Sono essenzialmente tre piccoli dispositivi di dialogo con il contesto. Non il contesto contingente fatto di ricostruzioni più o meno temporanee, che tesse insieme i luoghi del sisma come diretta espressione planimetrica dei movimenti tettonici del sottosuolo, ma un contesto impregnato di un paesaggio più ampio e potente: la catena orientale dell’Appennino umbro-marchigiano che dai Monti Sibillini si propaga da sud a nord fino all’isolato Monte San Vicino. Le tre architetture non parlano ad un paesaggio temporale, ciclico ed effimero, fatto di distruzioni e ricostruzioni, di tragedie e nuove speranze, ma a un paesaggio eterno e trascendente, imbevuto di miti e tradizioni senza tempo.
Nei quaranta chilometri di rocce calcaree che compongono i Sibillini e che dividono i territori della valle del Tronto dalla valle del Chienti ai piedi di Camerino, si concentra una straordinaria quantità di racconti mitologici che affonda le proprie radici letteralmente ai primordi della Storia, quando gli antichi Piceni, guidati dal leggendario picchio, colonizzarono il versante adriatico portandovi dall’alta Sabina il ferro e la scrittura. Il nome stesso della catena è da sempre avvolto da un’aura di mistero.