Immaginare le montagne dei Sibillini come trame della materia che si sfoglia in ostie di travertino. Sentire il pane che non profuma e si fa pietra, sulla tovaglia bianca davanti al mare d’Oriente, resistenza gentile col più simbolico dei segni. Guardare la spiaggia come l’ha vista lui – una lunga strada di sabbia, parole (e pallone) – un’ispirazione, una citazione. Riconoscere la casa, la natura, il corpo, lo spazio, l’ecosistema come infinite metamorfosi che ci riguardano, più che mai. Cercare la mappa nelle mappe in cammino, nelle visioni del mondo, negli orizzonti della prossimità e nelle sensibilità RGB delle digital humanities. A questi sentimenti solidi ma friabili la 12° edizione offre cinque architetture che atterrano in sequenza sulla spiaggia di Marzocca, e sembrano trattenere un tempo infinito, tra ciò che non c’è più e ciò che non c’è ancora – in mezzo l’epifania, in cui ritrovarsi e riconoscersi. Sono monumenti temporanei, lanterne delle interrogazioni e della contemplazione, learning area che accolgono residenze d’artista, dialoghi balcanici, opere che sono preghiere, riflessioni sulle tante “buone nuove” della ricerca dei concorsi e dell’accesso in architettura, performance che rendono teatrale la geometria degli assi cartesiani, design progetti e vite che sono ancoraggi certi alla disciplina, storie esemplari, tracce di consapevole innovazione. C’è un general intellect adriatico connesso al mondo, una community trasversale e transnazionale di comunità, persone, luoghi, storie, paesaggi che dopo 144 ore lunghe 12 anni ha compiutamente commutato l’inerte di una particella demaniale in un landmark. Punto di approdo, identità e ripartenza. Aumentato oggi dalla preziosa esperienza di Marzocca Re-Lab – fatta di analisi, ascolto, idee sul futuro di una frazione costiera adriatica – che rinnova le preveggenze di un futuro che qui c’è sempre stato. Un tributo speciale. A Ubaldo Fiorenzi, profeta del costruire con la terra cruda, un visionario con i suoi villini a mare e l’urbanizzazione costiera, le case in legno, le sperimentazioni con la Saffa e Giò Ponti; e con lui lei, Giò, la figlia artista che scelse la scultura, e qualche incursione nella pittura, per dispiegare il suo talento. Dai boschi dell’Ucraina alla millenaria “pianura liquida circondata dai monti” dell’Adriatico è un dialogo tra acque e pietre, uno specchio tra risonanze, geologie e antropologie, ogni cosa dentro l’altra. E’ chiaro. La radicalità che incombe è una radicalità che chiama, esige postura e visione, gesto conoscenza e discernimento. Il nuovo mondo chiede cura e cittadinanza, addomesticamento e progetto – ripari esperienze e conforto per il corpo, luoghi del rito per lo spirito. L’alba di un mondo nuovo è questa, ed è in fondo la consegna di ogni Demanio – nel 2022 è anche un dono.