Il Museo scolastico CAME-Ceramica Artistica Mengaroni – promosso dal Liceo Ferruccio Mengaroni di Pesaro e realizzato dalla Fondazione Scavolini – nasce dall’idea di recuperare e organizzare, in un’esposizione permanente, le opere ceramiche conservate negli archivi dell’Istituto Statale d’Arte Mengaroni, realizzate dagli alunni della sezione Ceramica, negli anni 1950/60. Ma in realtà è stato molto di più. Il gruppo di lavoro che in poco meno di un anno ha realizzato il museo ha potuto delineare, attraverso il recupero di documenti di archivio e il restauro di opere per lo più dimenticate e giacentinei sotterranei, un decennio straordinario nella produzione ceramica dell’Istituto. Con le opere sono emersi gli autori, i loro insegnanti e il clima artistico-culturale che ha segnato profondamente quella generazione e la città. Il progetto ha inoltre contemplato il coinvolgimento, nell’anno scolastico 2017/18, degli alunni e dei docenti delle sezioni di Architettura, Design, Grafica e Audiovisivi che hanno elaborato proposte di allestimento del museo. I lavori realizzati nelle sezioni sono stati selezionati e riadattati all’interno del progetto definitivo. L’iniziativa ha così aggiunto un tassello importante alla conoscenza di quel periodo facendo emergere chiaramente il ruolo sostanziale che la Scuola d’arte Mengaroni ha avuto in quegli anni.
Perché 1950/60?
È in quel decennio che avviene il salto che porta la ceramica prodotta dalla Scuola a rinnovare i suoi stilemi rispetto allo storico istoriato del Ducato di Urbino. L’innovazione, a livello nazionale, era già cominciata dai primi del ‘900.Alcuni ceramisti, scultori, architetti come Tullio Mazzotti (Tullio d’Albisola), Arturo Martini, Gio Ponti, avevano tracciato percorsi che troveranno tuttavia solo nel secondo dopoguerra il giusto terreno di crescita. In questo periodo diversi sono i centri ceramici che producono e diffondono innovazioni stilistiche e produttive nel settore come Albissola con i suoi “Incontri internazionali di ceramica”, (con la presenza significativa di Lucio Fontana) ma anche Napoli, Vietri, Firenze, Roma, Faenza. La Scuola di Pesaro con la sua sezione di ceramica, che nasce ufficialmente nel 1946, è all’interno di questo rinnovamento culturale, e questo è l’aspetto interessante che emerge: una scuola d’arte protagonista e in piena sintonia con la propria contemporaneità. Abbiamo indagato le motivazioni di questo fenomeno e alcuni aspetti ci sono sembrati sostanziali.
La tradizione ceramica esistente a Pesaro attraverso le sue botteghe come la ditta Mengaroni, Molaroni, Bruno Baratti, per citarne alcune, forniva agli alunni che le frequentavano dopo l’orario scolastico, non solo la sapienza tecnica e il rigore della produzione, ma li apriva a tipologie nuove anche attraverso un interscambio con ceramisti più esperti. La frequentazione, per il corso di perfezionamento post-diploma, dell’Istituto d’arte per la ceramica di Faenza dove operavano maestri come Anselmo Bucci, Carlo Zauli, Albert Diato, Giuseppe Spagnulo e che mostrava nel suo Museo opere ceramiche di grandi artisti internazionali come Picasso, Matisse, Chagall. Questo patrimonio di tradizione e innovazione si innesta nella formazione dei giovani ceramisti pesaresi e li rende pontieri della diffusione delle nuove tendenze. La partecipazione della Scuola alle varie Esposizioni nazionali che nel dopoguerra si succedono a un ritmo serrato e che sarà un importante momento di confronto e di conoscenza per i giovani ceramisti. La Scuola stessa che in quegli anni vanta nel corpo docente un nutrito gruppo di insegnanti di grande livello, molti provenienti da Firenze, come gli scultori Loreno Sguanci, Giuliano Vangi o pittori, come Ciro Pavisa, Alessandro Gallucci o Giancarlo Polidori. Da quel clima emergeranno talenti le cui opere giovanili sono oggi esposte nel Museo, come Nanni Valentini, Renato Bertini, Bruno Bruni, Guglielmo Malato, Auro Salvaneschi, i fratelli Lani, per citarne alcuni.
Le opere esposte
Le opere selezionate e messe in esposizione (per lo più pannelli, piatti, vasi, piccole sculture) rappresentano una vasta gamma di sperimentazioni negli smalti, nei materiali, nelle tecniche, nelle forme, nei temi. E si rimane sorpresi dall’esplosione di colori, dalla fantasia che li caratterizza, come se la libertà espressiva fino allora contenuta nella forma controllata dell’istoriato si fosse liberata. Siamo nel dopoguerra e nel dopo fascismo, la curiosità del mondo unita alla ricostruzione crea le condizioni ottimali per una liberazione di energia creativa che trae i suoi stimoli principali dall’espressionismo all’informale, dall’astrattismo al neo cubismo e primitivismo. Un fenomeno stilistico, questo, di breve durata, dato che nel corso degli anni ’60 la ceramica avrà un altro passo. La realizzazione del CAME non solo dunque può essere considerata una riuscita operazione, ma la nascita di un vero e proprio museo inaspettato, che ci aiuta a capire un decennio inimitabile della produzione ceramica della città di Pesaro.
L’allestimento progetto Achille Paianini
La trasformazione-adattamento degli spazi del Liceo artistico Mengaroni di Pesaro per la creazione di un Museo delle ceramiche realizzate dagli allievi negli anni ’50 ha previsto l’ideazione e realizzazione di arredi sospesi (teche orizzontali e verticali), un portale a bilico come sfondo del percorso, lo spostamento e una nuova installazione del portale esistente degli anni ’50. Le teche hanno un disegno semplice e rigoroso in grado di valorizzare l’eterogeneo insieme di oggetti da esporre. I contenitori sono in ferro lasciato a vista con un protettivo trasparente, dotati di una lastra smontabile in vetro temperato. Nella parete destra finestrata sono state collocate le teche verticali, ospitanti per lo più piatti di diverse dimensioni. In tal modo si è ottimizzata la visione degli oggetti evitando il riflesso provocato dalla luce diretta. Nella parete opposta si è scelto di inserire in basso una sequenza di teche orizzontali e nello spazio sovrastante le opere ceramiche di grandi dimensioni. Il grande portale d’ingresso (opera degli anni ’50 dei fratelli Antonio e Paolo Lani, allievi adolescenti della Scuola) precedentemente accostato alla parete destra del corridoio degli uffici, è stato smontato e restaurato per essere infine collocato nell’atrio grazie ad un idoneo supporto scatolare metallico.
In tal modo la struttura è diventata “elemento segnaletico d’accesso” della galleria espositiva conquistando un ruolo di maggior rilievo all’interno dello spazio dell’atrio d’ingresso. Il grande portale e le vetrine triangolari costituiscono lo sfondo dell’intera galleria. Il portale con meccanismo a bilico permette di accedere con facilità ad una retrozona di servizio legata alla esposizione museale e ad altri ambienti scolastici. L’adozione di una sezione rastremata per la grande porta a bilico permette un alleggerimento sia estetico che funzionale, una piccola teca cubica trasparente con all’interno un’opera ceramica ne penetra lo spessore e, al tempo stesso, grazie ad un’idonea illuminazione interna, ne costituisce elemento di valorizzazione formale. Tutte le teche sono dotate internamente di luci a LED. Il corridoio preesistente è stato rinnovato completamente grazie all’inserimento di nuovi corpi illuminanti a pannello rettangolare con tecnologia LED che rafforzano l’andamento lineare dello spazio, illuminando omogeneamente la galleria espositiva. Anche le pareti e il soffitto sono stati ridipinti con l’obiettivo di riequilibrare lo spazio verticale attraverso la scelta di effetti cromatici graduali dall’alto verso il basso. In tal modo si è cercato di guidare lo sguardo del visitatore sulle pareti ospitanti la mostra favorendo la concentrazione sulle opere esposte.
La progettazione e la realizzazione del CAME hanno coinvolto le sezioni di Design, Architettura, Grafica, Audiovisivi e Multimedia del Liceo Mengaroni attraverso il lavoro di docenti e alunni nonché, in alcuni casi,
dei componenti del Gruppo di lavoro sulla costituzione del Museo.
Si ringrazia per la collaborazione la Fondazione Scavolini l’architetto Franco Panzini Daniele Feligioni.
Foto: Livio Fantozzi