Nel quartiere La Spezia, periferia sud di Milano, tra un gruppo di case popolari e un parco, c’è una scuola abbandonata coperta di amianto e trasformata in opera d’arte ambientale ed effimera color del bronzo, firmata da Roberto Coda Zabetta. “Cantiere scuola”, questo il nome del progetto, a breve verrà demolito per vivere solo in un film girato da Henrik Blomqvist. Quello tra Roberto Coda Zabetta e Henrik Blomqvist è un sodalizio che dura nel tempo. Insieme trasformano spazi, risignificano luoghi, a volte anche dimenticati, a cui il loro sguardo restituisce valore e bellezza a partire dalle debolezze di quegli stessi luoghi. Ho conosciuto Roberto nel 2019 e sono rimasta colpita da Cantiere1/Terrazzo, la sua scenografica installazione presso il seicentesco complesso della SS.Trinità delle Monache, poi ex Ospedale Militare di Napoli. Un grande intervento pittorico visibile dall’alto della zona collinare, una riflessione sulla città sospesa tra l’arte contemporanea e le sue contraddizioni. Mi sarebbe molto piaciuto che Milano, e in particolare la sua periferia, potesse avere l’occasione di essere toccata dallo sguardo di Roberto e dal lavoro di documentazione di Henrik. L’occasione è nata da una mia collaborazione con Gruppo CAP, gestore del servizio idrico integrato della Città metropolitana di Milano che ha da poco inaugurato, proprio nel quartiere La Spezia, la sua nuova sede. Nel 2018, quando ancora non c’erano le fondamenta, mi è stato chiesto di sviluppare un progetto di interazione con le realtà attive circostanti per avviare un dialogo tra queste e i nuovi spazi che la sede avrebbe aperto alla città. Il mio coinvolgimento è avvenuto in forza della mia esperienza con Super il festival delle periferie, realtà che insieme ad altri professionisti ho fondato nel 2015. Il festival promuove conoscenza e scambio tra associazioni, reti, gruppi informali che, dal basso, animano di senso le periferie attraverso attività imprenditoriali, sportive, culturali, sociali. Ho quindi provato a delineare per e con Gruppo CAP un palinsesto di azioni, seguite con Carlo Venegoni e Laura Petracchi, che andassero dalla mappatura delle realtà presenti nel territorio a dei tour conoscitivi, fino a un programma radio condotto insieme a Shareradio. A chiudere il percorso una serie di laboratori con associazioni e vicini di casa. È proprio durante i laboratori con gli abitanti delle case popolari vicine alla scuola che abbiamo capito essere per loro un tema legato alla memoria. Dismessa diciotto anni fa, è stata costruita negli anni ’70 per essere un servizio pubblico. Da qualche anno però, grazie anche ai fondi del PNRR, è rientrata in un programma di demolizione del Comune, proprietario dell’area, che avverrà nel 2023. È stata una passeggiata attorno alla nuova sede di Gruppo CAP che ha ispirato Roberto Coda Zabetta. Davanti alla scuola, dopo aver ascoltato i miei racconti, mi ha guardato con occhi accesi e mi ha detto “facciamola diventare un’opera d’arte effimera e ambientale”. “E con l’amianto come facciamo?” “Lo incapsuliamo!”.
Abbiamo così coinvolto da subito la Negro Servizi, azienda che si occupa di bonifiche, con l’obiettivo di mettere in sicurezza l’edificio con apposite vernici. Abbiamo costruito un team in grado di affrontare tutte le complessità tecnico burocratiche che un progetto così, seppur di piccole dimensioni, ha dovuto affrontare. Il Consorzio Cooperative Lavoratori ha messo a disposizione la direzione lavori, Romeo Safety il controllo sicurezza, Super la mia attività di coordinamento scientifico, PCM studio ha curato la comunicazione e Black Mamba avrebbe eseguito la post produzione del documentario finale. Un patto di collaborazione con il Comune di Milano e il Municipio di zona 6 ha tenuto insieme le diverse partnership che hanno accompagnato Gruppo Cap, capofila visionario. Ed è così che sotto lo sguardo e la supervisione attenta di Roberto, le videocamere di Henrik, insieme agli operai della Negro Servizi, questo oggetto abbandonato è diventato oggi una meravigliosa visione per chi attraversa il Parco ma soprattutto per chi, dall’alto, può godere di una vista esclusiva. È proprio in questo che la potenza visionaria di Roberto Coda Zabetta vive, perché con il suo intervento non ha cercato solo un’astratta provocazione, ma rifacendosi a una tradizione gloriosa dell’arte, ha voluto che la scuola e i valori che rappresenta brillassero con la più scultorea delle tinte, il bronzo appena lucidato. La scuola ha riacquisito luce, è stata restituita temporaneamente ai cittadini e resa fruibile visivamente nelle forme di una monumentale scultura ambientale. Un omaggio alla città, al quartiere e ai suoi abitanti, tanto più prezioso, proprio perché reso leggero e vivo dalla sua stessa volatilità, dall’essere destinato a scomparire. La scuola color del bronzo è diventata così un monumento più durevole nel suo valore in quanto volutamente provvisorio. Si tratta di un modo radicale di intendere l’arte pubblica e la sua stessa funzione sociale: lontano da qualunque protagonismo Roberto Coda Zabetta ha scelto un contesto urbano umano e popolare lasciando che a trasmettere il suo messaggio siano il senso del sacro, la storia dell’arte e la vicenda umana in tutte le sue contraddizioni. E grazie a lui abbiamo portato l’arte dove l’arte non arriva quasi mai.