Intervista

Benvenuto Intervista a Luigi Gallo

Mappe °16


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Intervista con

Luigi Gallo

Direttore della Galleria Nazionale delle Marche e Direzione Regionale Musei Marche

Luoghi e patrimoni diversi – dall’archeologia all’architettura alla grande arte del Rinascimento italiano. Dal Palazzo Ducale di Urbino alle Rocche di Gradara e Senigallia ai Musei archeologici di Ancona, Ascoli Piceno, Cingoli e Urbisaglia, dall’Antiquarium di Numana al Museo Tattile Omero. Massima varietà, massima possibilità. Mappe dà il benvenuto a Luigi Gallo, Direttore della Galleria Nazionale delle Marche e della Direzione Regionale Musei Marche. In questo dialogo racconta la sua idea di paesaggio culturale, le sue Marche, l’opportunità di dare vita a un posizionamento nuovo del patrimonio, tra identità e valorizzazione degli immaginari, networking e un’innovativa comunicazione per dialoghi sempre più efficaci con le diverse utenze.

CC – Cosa guida le scelte di tutela e i programmi di valorizzazione? Quali dialoghi col contemporaneo – a diversa scala e interlocuzione – si propone di attivare?
LG – Grazie per la domanda! Mi dà la possibilità di esprimere quanto mi senta onorato di guidare due istituzioni così importanti: la Galleria Nazionale delle Marche e la Direzione Regionale dei Musei delle Marche, enti che raccontano la storia e la cultura di una regione bellissima che si declina al plurale, come il mio impegno e quello dei funzionari che lavorano con me. Vorrei iniziare con Urbino, sito Unesco dal 1998, importante tanto per la sua storia, quanto per il suo rapporto con un paesaggio incontaminato, nel delicato intreccio tra natura e cultura che caratterizza il territorio italiano, con il suo borgo meraviglioso dominato dal più bel Palazzo del Rinascimento italiano (e lo dico da romano!). Questo palazzo conserva una collezione straordinaria che racconta la storia dell’arte della regione seguendo una narrazione ordinata dai direttori che mi hanno preceduto, alcuni tra i più grandi storici dell’arte italiani: da Lionello Venturi che l’ha aperta negli anni Dieci del Novecento a Pasquale Rotondi che ha messo in salvo numerose opere d’arte italiane nel periodo dell’occupazione nazista, a Dal Poggetto e altri illustri sovrintendenti che hanno curato successivamente questo museo. Quello che mi interessa è riprendere in mano il racconto del Palazzo e della sua collezione dando un’importanza nuova a questo straordinario contenitore. Gli architetti contemporanei considerano il Palazzo un caposaldo della storia della progettazione e sono proprio gli architetti che ho chiamato a lavorare con me per costruire un nuovo racconto indirizzato alla sua valorizzazione, narrandolo dall’interno attraverso iniziative espositive che lo riportino al centro del dibattito attuale. C’è contestualmente la storia dell’arte, che è il mio campo d’intervento, sulla quale lavoriamo con mostre incentrate sulla storia di Urbino, come quella che aprirà l’anno prossimo su Francesco di Giorgio Martini e Federico da Montefeltro. Urbino crocevia delle arti per celebrare il centenario della nascita del Duca. Stiamo inoltre lavorando all’importante lavoro di restauro e riapertura delle sale del secondo piano, mai visitate del pubblico finora, che ospiteranno capolavori dell’arte nella regione tra Cinque e Settecento, con opere della collezione, nuove acquisizioni e un ingente numero di dipinti provenienti dalla Fondazione Caripesaro che hanno arricchito in maniera ingente il nostro museo. Per la Direzione Regionale a sua volta sono stato ispirato dalla storia dei luoghi che raccontano non solo la ricchezza delle raccolte archeologiche conservate tra Ancona, Ascoli, Arcevia, Numana, ma anche l’importanza di alcuni edifici. Ad esempio ad Ancona il bellissimo Palazzo Ferretti, al quale hanno lavorato alcuni grandi dell’architettura moderna dal Sangallo al Tibaldi fino al Vanvitelli, e che ospita tra l’altro l’ultimo allestimento realizzato da Minissi alla fine degli anni Ottanta del Novecento. Partendo dalla necessità di conoscerlo meglio, ho iniziato un percorso di studio dell’edificio per stendere le linee guida del suo restauro avvalendomi dell’aiuto dei colleghi della Scuola di Specializzazione in Restauro Architettonico dell’Università Federico II di Napoli, una delle più importanti d’Europa. Per la Rocca di Senigallia abbiamo iniziato una fruttuosa collaborazione con l’Istituto Centrale del Catalogo e Documentazione per valorizzare il ruolo della Rocca come sede di mostre fotografiche. Abbiamo quindi avuto una serie di incontri con il direttore Carlo Birrozzi, già Soprintendente delle Marche, per cercare di arricchire questa straordinaria costruzione quattrocentesca, studiata anche da Leonardo da Vinci, con iniziative espositive raffinate. Per la loro realizzazione lavoreremo con colleghi della Sede centrale e con altri interpreti. Ogni luogo parla di sé, della collezione che contiene, ma anche della città che lo ospita e del legame indissolubile con la cittadinanza.

Luigi Gallo si è formato a Roma, all’Università La Sapienza, e a Parigi all’Università Paris I Panthéon-Sorbonne. Ha insegnato a Roma Architettura del Paesaggio e alla Scuola di Specializzazione in Patrimonio Archeologico di Matera. Editor e curatore alle Scuderie del Quirinale, storico dell’arte al Parco Archeologico di Pompei, da settembre 2020 è Direttore della Galleria Nazionale delle Marche a Urbino e della Direzione Regionale Musei Marche. Le sue ricerche spaziano dalla storia della pittura di paesaggio, dei giardini e dell’architettura moderna al collezionismo, dalla teoria e critica d’arte fra XVIII e XX secolo alla tutela e valorizzazione del patrimonio culturale. È autore di monografie e saggi critici nonché curatore di esposizioni fra cui La Nature l’avait créé peintre: Pierre-Henri de Valenciennes, 1750-1819 (Toulouse, 2003), Pompei e l’Europa, 1748-1943 (Napoli, 2015), Picasso/Parade: Napoli 1917 (Napoli, 2017), Amori Divini (Napoli, 2017), Picasso et les Ballets Russes (Marseille, 2018), Pompei e Santorini. L’eternità in un giorno (Roma, 2019), Città di Dio, città degli uomini. Architetture dantesche e utopie urbane (in preparazione con Luca Molinari, Galleria Nazionale delle Marche, 2021).

CC – Alla trasversalità dei patrimoni corrisponde un’offerta articolata e segmentata che obbliga ad attivare coalizioni con il territorio e le reti associative-culturali, e a concepire proposte coerenti con gli immaginari contemporanei. La pandemia ha reso manifesta una domanda latente, desideri di appartenenza e fruizione nuovi. Quali sono i progetti più significativi?
LG – Prima di venire a Urbino lavoravo alle Scuderie del Quirinale. Appena usciti dalla prima pandemia il vasto e interessato pubblico della mostra su Raffaello allestita in quella sede ha dimostrato che c’era ancora bisogno di arte. In pieno agosto l’esposizione era sempre sold out! Oggi vedo entrare a Palazzo Ducale persone assetate di cultura, desiderose di ritrovare la cultura che corrisponde alle nostre radici storiche e questo dimostra che l’arte è una necessità. Nei mesi invernali, a museo chiuso, abbiamo svolto un impegnativo lavoro di comunicazione sulla stampa, utilizzando il digitale, i social promuovendo una diffusione capillare delle nostre raccolte, facendo in modo che le nostre collezioni siano sempre in grado di offrire la testimonianza della storia. Abbiamo lavorato per portare il museo verso la gente, comunicando che gli oggetti nelle nostre raccolte sono testimonianze della storia civile, oggetti che appartengono a tutti, che parlano di noi. Le opere d’arte – che siano dipinti, sculture, reperti archeologici – possiedono un passato, hanno avuto al loro tempo un significato che si rinnova, diversificandosi in ogni periodo. Di cosa parla la Flagellazione di Piero della Francesca? Certo racconta l’epoca e il gusto di quando è stata creata, ma anche della passione novecentesca per il Quattrocento! Parla della Urbino di Federico e insieme dei dibattiti fra studiosi circa la sua iconografia così misteriosa. Lo scopo dei musei è anche di essere testimoni del passato e di offrirlo nella continua rivisitazione dei suoi valori.

CC – Le programmazioni culturali più evolute fanno corrispondere offerta culturale e fidelizzazioni stabili, empatiche, friendly, in una sorta di promozione/educazione permanente. Lei sta dedicando grande attenzione alla costruzione della community anche attraverso la collaborazione con ISIA, con la consapevolezza che la questione è di linguaggio e di relazione. Qual è l’idea di Marche che si è fatto in questa esperienza ancora agli inizi? Verso quale posizionamento culturale si sta indirizzando?
LG – Abbiamo realizzato con ISIA l’immagine grafica del Museo di Urbino, a cura di Leonardo Sonnoli e Irene Bacchi, ai quali va il mio ringraziamento. Con la scuola sicuramente collaboreremo nel futuro non solo per la grafica interna del Museo ma anche per la comunicazione degli altri musei della Direzione regionale. Questa collaborazione ci sarà anche per la mostra dedicata al Palazzo Ducale, da realizzarsi nel 2022 con Luca Molinari. Per quanto riguarda il contemporaneo, tendo a dire che il contemporaneo siamo noi, sono i giovani che vengono a visitare il Museo per i quali abbiamo tanti progetti che certamente metteremo in campo a supporto del lavoro che ci vede ridisegnare i confini dei nostri Istituti. Un appuntamento importante sarà la mostra Danteum, il progetto architettonico visionario degli architetti Terragni e Lingeri che metteremo a confronto con la nostra tavola della Città Ideale, parlando del monumento come spazio del pensiero. In mostra ci saranno inoltre un centinaio di progetti architettonici contemporanei che traggono ispirazione dall’universo dantesco, apparentandosi al grande modello razionalista. Infine abbiamo avviato diverse collaborazioni con le università italiane – la Federico II di Napoli, la Scuola di Specializzazione in Storia dell’Arte dell’Università la Sapienza di Roma e l’Università Carlo Bo di Urbino – con cui riscriveremo tutta la narrazione interna del Palazzo Ducale, grazie a nuove didascalie e al nuovo materiale informativo sulle opere conservate.

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