Sono nato a Civitanova Marche nel 1980 dove vivo, lavoro e dove ho fondato il mio studio creativo Asinus in Cathedra. Ho iniziato subito ad appassionarmi di cultura urbana e movimenti underground iniziando a dipingere graffiti nel lontano 1994. Mi occupo di arte urbana, sono un urban artist e mi piace definirmi archigrafico. Dopo la mia prima laurea all’Accademia delle Belle Arti (Macerata) ho frequentato la facoltà di Architettura di Ascoli Piceno laureandomi con il massimo dei voti. Sono queste due principali scuole ad avermi definito nel tempo e ad aver caratterizzato i miei lavori nelle città. Sono ideatore e direttore artistico del progetto “Vedo a Colori-Museo d’Arte Urbana” di Civitanova Marche e del festival di Arti Visive Tabula Rasa. Dal 2005 espongo costantemente i miei lavori in gallerie nazionali ed estere come “Digital is Human – Milano, “Italian Fusion-A Visual Art Show-Dublino “Banlieue”- Institut Français-Milano. Negli anni ho realizzato importanti progetti creativi con Ikea, Bruno Barbieri, Il Sole 24 Ore, Enel, Rag&Bone NYC, EASports e molti altri. Numerose pubblicazioni come Abitare, Architecture Suisse, Graffiti Art Magazine, Stuart Magazine e molte altre hanno recensito diversi interventi realizzati in molte città.
La progettazione di nuovi dispositivi d’arte per me è fondamentale, come importante è far dialogare arte e architettura nello spazio pubblico. Mi piace far interagire il più possibile l’opera alla struttura ospitante e cerco sempre di costruire un lavoro che sia fusione tra grafica, intesa come scelta cromatica e modulare di forme geometriche, e architettura. I miei interventi sono azioni sulle architetture, archigrafie che considero come “carichi concentrati” dove, attraverso essi, origino stati di sollecitazione ma non sulla struttura bensì sulla persona. Un muro o un playground dipinto è un segno grafico che può far parlare una forma architettonica o un ambiente che non comunica più, spesso sterile e senza slanci dinamici. Quando penso a un intervento di arte urbana mi concentro in quei comportamenti progettuali che l’architettura non analizza più, perdendo l’occasione di trasformare i volumi esistenti in momenti di comunicazione, in nuove esperienze visive. Le mie opere nascono da una cultura minimale in cui la forma rappresenta l’idea principale. Penso che il mio segno sul muro simbolizzi l’espressionismo astratto dove spesso sento di raggiungere un lavoro quasi perfetto.