La bella necessità è che è necessario illudersi: che non possiamo più pretendere di uscire dall’inganno pretendendo una verità che non abbia a che fare con l’inganno.
Pier Aldo Rovatti citando Friedrich Nietzsche, in Quasi per gioco,
Bolzano 1995, pp. 159 – 160
“Non dico nulla di nuovo – scrive Michel Leiris in Francis Bacon – dicendo che nel nostro tempo e nei nostri paesi, non dovendo più contribuire alla gloria divina o a quella delle potenze regnanti, l’arte si è liberata di tutti i cerimoniali che esigono una idealizzazione che ha ritrovato la propria funzione, forse fondamentale, di gioco”.
Gianna T sembra interpretare quello che già Johan Huizinga, autore della più famosa analisi antropologica sul gioco, sosteneva che il gioco stesso non appartiene alla ‘vita ordinaria’, anzi le si sottrae, spesso le si oppone e ad ogni modo letteralmente la mette in gioco. “Tutte le analisi – scrive lo studioso in Homo ludens – sottolineano il carattere disinteressato del gioco. Non essendo ‘la vita ordinaria’, sta al di fuori del processo di immediata soddisfazione di bisogni e desideri. Interrompe quel processo. Vi s’introduce come un’azione provvisoria che ha fine in sé, ed è eseguita per amore della soddisfazione che sta in quell’esecuzione stessa”. Pur essendo a tutti gli effetti un’attività dello spirito,
“non contiene una funzione morale, né virtù, né peccato. Certo è che, governato dal desiderio, il gioco rappresenta per eccellenza e in modo sublime ‘il superfluo’ dell’umano agire nel mondo; il più puro dispendio, in quanto incarnazione di libertà, ciò che più interessa in fondo la ricerca di Gianna T. L’esistenza del gioco conferma senza tregua, e in senso superiore, il carattere sopralogico della nostra situazione nel cosmo. Così l’intreccio del gioco e della fantasia, anzi il loro esaltarsi reciproco può contribuire a creare quei paradossi dell’astrazione che hanno costituito, dagli inizi del secolo scorso, parte integrante delle arti e del loro ambiguo rapporto con la vita quotidiana, poiché, come sostiene con forza Gregory Bateson in Verso un’ecologia della mente, senza quei paradossi: “la vita sarebbe allora uno scambio senza fine di messaggi stilizzati, un gioco con regole rigide e senza la consolazione del cambiamento o dell’umorismo”. Proprio coniugandosi con il ludico nei suoi aspetti più diversi, le varie forme di espressione di Gianna T sembrano voler far fronte a quella ‘faglia del quotidiano’ di cui parla ancora Leiris da buon antropologo: l’assenza di senso, l’insignificanza, “l’inanità della nostra situazione nel seno di questo mondo di cui, effimeri, noi non siamo che elementi capaci, tra tutti gli altri, di ebbrezze brillanti e vane”. Da sempre intrecciata col rito, col mito, persino con l’’azione liturgica, a cominciare dal Novecento l’arte reperisce nel gioco una sacralità disarmata di trascendenza, una miticità disertata dalle fascinazioni della memoria epica, una ritualità senz’aura, dove all’impenetrabilità dei misteri si sostituisce la risolvibilità dei passatempi enigmistici. Quanto basta a ogni modo per contrastare o dimenticare ‘la faglia del quotidiano’, la piattezza disarmante della consuetudine profana. E tutto questo nella più assoluta sobrietà di allusioni, di metafore e di estasi, in una spiritualità tutta sua.

I Won’t Be the New Flat
in a Gentrified Neighborhood 2024
Waiting for a thunder 2024
courtesy l’artista


me and all my friends 2024
courtesy l’artista

To Your Doorstep 2024
courtesy l’artista

courtesy l’artista

courtesy l’artista

courtesy l’artista

courtesy l’artista