La campagna marchigiana è intesa come frontiera ultima, intatta, in un mondo in irreversibile trasformazione: un luogo in cui, misurandosi con la natura e recuperando un’integrità morale tradita dalla compulsività della vita quotidiana, si può attingere, nonostante tutto, ad un senso di purezza. Il ciclo perenne delle stagioni è indice e metro di variazioni e modifiche morfologiche minime che sono tutt’uno con una concezione quasi panteistica del dato ambientale. Lo spazio è cielo, terra ed acqua e tutto si fonde in una misteriosa continuità che potrebbe minare la nostra percezione di un mondo tangibile, di ciò che è reale e di ciò che è solo riflesso. “Nei miei lavori cerco di dare maggiore importanza alla tessitura dei segni, al tocco, alle linee, all’equilibrio e all’armonia tra forme e colori, al fine di costruire una visione poetica della natura. I soggetti presenti nei dipinti si incarnano nel confronto di questi elementi, e svaniscono sulla superficie della tela per confondersi, per non fare emergere altro che la superficie colorata. Colore e composizione interagiscono nelle tele per provocare uno sparpagliamento in cui lo sguardo è invitato a perdersi”, dichiara l’autore. Leopardi e Morandi sono i due numi tutelari di fondo:
la malinconia romantica del primo si declina nella descrizione lenticolare e, apparentemente sempre consapevole a sé stessa, del secondo. Canneti, girasoli, campi arati, sentieri, siepi, pini idealizzati, cespugli sono i temi elaborati in maniera certosina e quasi divisionista, come
un novello Segantini per cime addolcite: l’artista impiega il segno come mezzo per disintegrare il mondo visibile per poi ricomporlo in una rete continua di vuoto dove la natura antropizzata sembra ora imbevuta di un’animazione soprannaturale, per certi versi mistica. Pierotti si nutre del suo mondo immaginario e apparentemente fedele al reale senza comprometterlo e facendo sì che la qualità quasi surreale della sua pittura esprima miti immemori e una visione insieme arcana e contemporanea. Attraverso la ricerca di un linguaggio classicamente puro crea un suo mondo di simboli, un suo universo parallelo, emotivamente discreto e per questo necessariamente intenso.





