“Ci vorrebbe un controllo continuo dei nostri pensieri e di tutte quelle immagini che si presentano alla nostra mente anche quando ci troviamo allo stato di sveglia ma che pure hanno una stretta parentela con quelle che vediamo nel sogno.”
Giorgio De Chirico, Sull’arte metafisica, in “Valori Plastici”, a.1, n. 4-5, aprile–maggio 1019, p.15.
Tante sono le sonorità dello spirito vespertino e Silvia Mariotti le indaga tutte. L’artista asserisce: “Prediligo diversi momenti del mondo notturno, o se vogliamo, del buio. Quando il sole scompare le forme cominciano ad assumere le loro effettive sembianze e il rapido interstizio di tempo, che ingloba i colori crepuscolari della natura, lascia spazio a un mondo sempre più in penombra. I freddi verdi sfumano lentamente nell’oscurità dei toni, dove solo la fredda luce delle stelle e della luna può tracciare le forme di questo grande contenitore notturno. Quando tutto non è immediato, quando per poter vedere, devi abituare lo sguardo alla quasi immobilità del tempo: quando la scansione delle forme assume un ritmo lento, ti accorgi di come tutto appaia più reale e vicino, come nell’idea antica, che vede meglio la verità delle cose, perché non ne vede la forma.
“Osservando, si intuisce che se perdurasse quello stato di reciproca sottrazione tra persone e cose, il tempo si fermerebbe. Il lato oscuro, nella sua ambiguità di statica apparente, ne palesa ogni declinazione fenomenologica: in realtà ogni attimo riverbera, pulsa fra gli elementi della Natura. In questo orizzonte, ribadisce: “Per me si tratta essenzialmente di lavorare sullo scorrere del tempo, concentrandomi in particolare sulla luce. Lavorare quasi nella completa oscurità, o meglio, su quantità luminose minime mi permette di mantenere costante il riferimento al mondo notturno. Sono particolarmente interessata alla dimensione della notte, perché in essa ci costringiamo a uno sguardo più profondo, e nonostante qualcosa rimanga celato, si disvelano comunque delle verità.” È indubbio che in un determinato intervallo temporale la luce mostra e al contempo racchiude qualcosa: un equilibrio è dunque possibile per arrivare a una forma. Una verità arcana che pertanto si schiude, emerge da un livello profondo: la condizione di oscurità ne accentua la profondità fino a far perdere l’orientamento e introdurci a una diversa realtà, aumentata.
Per Silvia Mariotti: “Il buio diventa quindi un’esperienza simbolica che supera il dato tecnico, per lasciar spazio a buchi neri che si fanno contenitori di nuovi mondi. Il crepuscolo, la notte, sono strati di una dimensione temporale effimera che accompagnano al silenzio, alla riflessione e all’assenza di una luce diurna e vigile in cui tutto appare com’è. Lo scenario naturale che rappresento, rimanda a una dimensione quasi astratta rispetto a una immagine ben definita e che oggettivamente restituisce qualcosa di più specifico e non in grado di spaziare.”
Che fai tu, luna, in ciel?
Dimmi, che fai, silenziosa luna…