Fare arte appare più che mai, oggi, un’attività in cui la secolare supremazia dello sguardo e dell’estetica si trova a fare i conti con l’opacità del reale e delle strutture oggettive che lo definiscono; di qui la necessità di far convergere originalmente pratica e teoria dell’arte in un’inedita ed esigente dialettica, in cui il sospetto per le virtù del ‘visivo’ diviene la condizione per una sua verifica impietosa. In un sistema in cui si cercano in maniera compulsiva sempre nuovi giovani attori si assiste all’impetuosa obbligazione sociale all’obsolescenza: il consumo e il ricambio frenetico degli oggetti e delle abitudini diventa un campo di forza contro cui reclamare l’integrità di una presenza, di un’irriducibilità emozionale.
In Marila Scartozzi ci troviamo dinanzi ad uno stato di coinvolgimento e di dissidio permanente rispetto al reale in cui il linguaggio pittorico fa affiorare ciò che è nascosto o rimosso, portando in luce stratificazioni sepolte, temperando le ambizioni totalitarie dell’immagine con le esitazioni della materia. L’artista opera sulla superficie allora con cosciente casualità e il margine di errore del colore diluito è parte integrante del processo, una modalità che provoca enigma e inquietudine, prolungando l’osservazione dello spettatore alla ricerca della figura delimitante, nascosta invece nel profondo. L’inserimento di elementi onirici immerge la narrazione in una dimensione di ambiguità tra sogno ed incubo, fra sensualità lisergica e una morbidezza fluida, per generare infine ambiguità e mistero, per creare nuovi corpi mitici.
Con l’azione del tempo e della memoria, la pittrice si serve dell’interdipendenza e della mediazione – i paradigmi del nostro tempo – come di altrettante possibilità per iniettare e diffondere nel proprio corpo i germi di una diversa accezione al mondo. Il dipingere diviene pertanto un processo, ma anche gesto performativo, un gancio così come un azzardo, sempre al limite. La tela per Marila viene intesa quale possibilità perché rappresenta un campo di disvelamento dell’immagine: incarna un atto segreto tutto al femminile, denso di affetti, cioè emozione fatta corpo, ombra perturbante, eccedenza, in cui ritrovare la traccia labile ma indispensabile di una singolarità anarchica e umana.





inchiostro e olio su tela,
100 x 120 cm, Collezione privata