Pensieri

Le mie Marche Ampelio Bucci

Mappe °20


Articolo letto da 367 persone


01. Le mie Marche

Le mie Marche sono quelle che ricordo quando sono lontano. Sono pochi luoghi fisici e mentali. Sono sensazioni, ricordi, immagini che mi compaiono mentre faccio altre cose e mi tengono compagnia. Sono i miei luoghi dell’anima.

02. Il mare di Senigallia

Sono nato a Senigallia e del suo mare ho un ricordo bellissimo che ho scritto nel libro “L’infanzia infinita”. È la magia che ancora ritrovo se vado sul molo di Senigallia e, come in un film di Fellini, mi ricompare la visione della grande barca che arriva e di mia mamma che aspetta.

Dolce e chiara è la notte e senza vento, e queta sovra i tetti e in mezzo agli orti posa la luna, e di lontan rivela serena ogni montagna…

Me la raccontava sempre, la bellissima storia di lei che alla mattina presto, va sul molo di Senigallia ad aspettare che arrivi la barca dei bambini. Era un racconto talmente bello che lo ricordo benissimo, come se lo avessi vissuto veramente in prima persona: il barcaiolo con la pelle cotta dal sole e il vestito bianco, la vela marrone e il primo eterno abbraccio di mia mamma. Poi c’è un altro ricordo che riguarda quel mare.

Che fai tu, luna, in ciel? Dimmi, che fai, silenziosa luna?..

È di alcuni anni dopo, quando, da ragazzino prendevo al mattino presto un pattino da corsa con il sedile scorrevole e remavo verso il largo. In mezzo al mare solo, felice con il sogno del futuro davanti. Perché l’infanzia coi suoi sogni e le sue speranze, deve restare sempre in una parte di noi. È lo spirito del domani, del credere alla capacità di inventare qualcosa, D’estate con Vanda andiamo spesso a Senigallia, nel pomeriggio, sempre ai bagni Flaviana, anche se Flaviana non c’è più. E non ci sono più i pattini da corsa.

Ma Senigallia e il suo mare restano quelli di quando ero bambino. E nei giorni con l’orizzonte non chiaro e un po’ offuscato, mi soffermo a guardare perché mi sembra ancora di intravedere appena, come la Fata Morgana nel deserto, la costa della Dalmazia. Il mare di Senigallia per me resta quello del ricordo. Infatti non faccio quasi mai il bagno.

03. Il Paesaggio

Il Paesaggio interessa molto oggi il turismo e bisogna salvaguardarlo, perché testimonia visivamente la biodiversità che è il modo per far vivere la terra. E quello delle mie Marche è molto bello e io nella nostra azienda sto molto attento che nessuno lo rovini. L’imprint di secoli di mezzadria è rimasto con le colture diverse che disegnano una scacchiera casuale, come in un quadro di Lorenzetti del 1300.

L’estetica è rimasta simile sulle nostre colline. Manca solo la storia che può raccontare in ogni zolla di terra, la fatica e la fame dei mezzadri. La nostra vallata, quella del fiume Misa, era conosciuta come il giardino dei Castelli di Jesi perché era la meglio coltivata. E questa cultura del “ben fatto” è rimasta fino a oggi. I nostri operai-amici che sono i pronipoti dei mezzadri, fanno tutto con una passione e una capacità di scegliere sempre bene quale ramo della vite è meglio potare e quale arbusto lasciare nella siepe. Sono veri giardinieri che curano il bello per avere il buono con una sapienza e una precisione innate.

04. La Mia Campagna

Da oltre 70 anni mi occupo dell’azienda agricola di famiglia che dalle colline di Montecarotto e Serra de Conti scende alla pianura di Pongelli. In quegli anni la mezzadria fu abolita e mi trovai a gestire quel cambiamento. Avevamo più di trenta terreni a mezzadria, ciascuno con una famiglia dedicata.

Torna azzurro il sereno, e tornan l’ombre giù da’ colli e da’ tetti, al biancheggiar della recente luna…

Abbiamo dovuto sostituirli con un’unica gestione aziendale con gli ex-contadini che si trasformarono in operai. Furono anni duri per me anche perché nel frattempo studiavo a Milano e poi ho iniziato a lavorare in aziende del Nord, perché il futuro agricolo non era assolutamente sicuro. Mi trovai a lavorare nei nuovi settori industriali che nascevano allora: della moda, del tessile e del design; con l’importanza crescente dell’aspetto estetico, il bello, che diventa una nuova componente importante del consumo, il nuovo mito di tutti, ricchi e poveri. Nascono gli stilisti, l’abbigliamento diventa un modo di comunicare. E compare anche l’altro aspetto estetico e dei sensi, il buono, cioè il gusto e quindi i nuovi consumi riguardano anche il vino, il cibo, i ristoranti, gli chef, che sono in voga anche oggi, anche alla televisione.

O graziosa luna, io mi rammento che, or volge l’anno, sovra questo colle io venia pien d’angoscia a rimirarti..

Allora (anni ’70) decisi di piantare le vigne sulle colline di Montecarotto e Serra de Conti. E così iniziò l’avventura entusiasmante del vino. Gli amici di Slow Food hanno scritto: “Ampelio ha un’anima agricola prima ancora che vinicola, è una fucina di idee a volte ripescate da reminiscenze di tradizioni che solo lui conosce. Altre volte invece idee di assoluta avanguardia e innovazione”. La mia cultura oggi è un “ibrido”. Da un lato la cultura agricola. Dall’altro l”innesto” (la parola agricola è perfetta) della cultura assorbita lavorando nei settori del bello, come la moda dove la creatività e l’estetica diventavano importanti.

…Notte più sola e bruma; spenta per me la luna, spente le stelle in ciel…

La mia storia come vignaiolo deriva da questo approccio ibrido e creativo, dove si aggiunge alla realtà (la qualità del vino), la narrazione che diventa la vera nuova realtà. È nella narrazione che occorre creatività continua, ma deve essere reale e poetica. Ed io ho narrato tante cose sui miei vini, dei nostri cloni speciali e dei terreni calcarei, della storia del luogo e delle vecchie vigne, delle grandi botti che cedono al vino i ricordi dei vini degli anni passati. Anche le cose conservano i ricordi delle vite passate prima di noi in quei luoghi, basta farli riemergere.

…Io vo contarti un sogno di questa notte, che mi torna a mente in riveder la luna… Guardando in alto: ed ecco all’improvviso distaccasi dal ciel la luna…

I successi del VILLA BUCCI e degli altri nostri vini, sono legati a queste narrazioni. Dobbiamo lasciare “buoni ricordi” delle cose che abbiamo fatto. Così forse qualcuno si ricorderà qualche volta di noi. Peccato non essere poeti e artisti, perché le loro opere li fanno restare sempre attuali. Come una poesia di Leopardi o una scultura di Michelangelo.

Vaghe stelle dell’Orsa, io tornare ancor per uso a contemplarvi sul paterno giardino scintillanti…

05. Urbino: La Città Ideale

Ritorno sempre quando posso a Urbino dove ho anche insegnato per alcuni anni all’Università. Il Rinascimento è nato a Urbino. Non a Firenze o Roma dove si è poi sviluppato perché erano i luoghi della ricchezza: i Medici e le banche a Firenze e il Papato a Roma che hanno richiamato tutti i grandi artisti dell’epoca con progetti di enorme valore. C’è un libro molto importante che ha spiegato il ruolo fondamentale di Urbino nella nascita del Rinascimento cioè dell’età moderna. Il libro in tre poderosi volumi si intitola “Memoires of the Dukes of Urbino” e fu scritto dallo storico inglese James Dennistoun – Editore Longman, Londra 1891. Stranamente è stato tradotto in italiano nel 2010.

…è notte senza stelle a mezzo il verno…

Nel libro si scopre che mentre a Firenze Macchiavelli scriveva “Il Principe”, un manuale su come gestire il potere e la guerra, a Urbino Baldassarre Castiglioni scriveva “Il Cortigiano” che insegnava come vivere piacevolmente con la musica, la pittura, la poesia, la letteratura, l’arte. Se guardate il Palazzo di Urbino dal basso, cioè dal Mercatale, notate che i contrafforti nati come torri per difendersi, man mano che salgono, inseriscono fra di loro ampi balconi per guardare il paesaggio e godere dei tramonti meravigliosi. E dentro c’è lo Studiolo di Federico, un luogo magico dove ciascuno vorrebbe stare a leggere e a riflettere.

La vita stava così cambiando e iniziava col Rinascimento l’epoca della vita moderna. Quando entrate nel Palazzo dove tutto è meraviglioso, dove tutto è equilibrio e bellezza, guardate negli occhi l’angelo che trovate alla vostra sinistra della Madonna di Senigallia di Piero della Francesca. Il suo sguardo vi penetra dentro fino all’anima.

Cara Luna, io so che tu puoi parlare e rispondere…

È’ il mio angelo custode al quale chiedo sempre se va bene quello che faccio.

06. La Luna di Leopardi

La Luna di Leopardi: è una luna speciale quando appare bassa e si ferma un po’ fra gli alberi del nostro giardino. Solamente il nostro poeta marchigiano riesce a parlare con lei per tutti noi e dirle tutte le cose che anch’io vorrei dirle.

…Sovente in queste rive… seggo la notte…veggo dall’alto fiammeggiar le stelle… Va dove ogni altra cosa, dove naturalmente va la foglia di rosa, e la foglia d’alloro.

Articoli Correlati


link to page

Eventi

Un libro e un’installazione sui muri adriatici.
link to page

Eventi

- Demanio Marittimo.km-278
Rovine&Ripari
link to page

Rivista

- Mappe N°21
Mappe °21
link to page

Architettura

- Racconti
Centro polifunzionale
link to page

Arte

Oscar Quagliarini
link to page

Imprese

Per sempre tutti i giorni

di Cristiana Colli

link to page

Workshop

- Marzocca Re-Lab
3° Urban workshop

di Cristiana Colli

link to page

Architettura

- Ristrutturazioni
La Fabbrica Giardino
link to page

Architettura

- Interni
Materiali naturali e tracce del tempo
link to page

Cristiano Toraldo di Francia

Cristiano e Adolfo

di Manuel Orazi

link to page

Arte Urbana

Dialogo tra arte e architettura
link to page

Architettura

- Ritrutturazioni di interni
Reinventare gli spazi
link to page

Architettura

- Riedificazioni
Protagonista la luce
link to page

Architettura

- Ristrutturazioni
Un cantiere di refitting per grandi yacht

Vuoi entrare nella nostra Community?