Capolavoro di architettura e ingegneria dei primi anni 80, insignito nel 1985 dell’European Award for Steel Structures, lo stadio “Riviera delle Palme” presenta una ossatura portante in acciaio che sorregge gradoni in calcestruzzo armato prefabbricato. Questa atipica ed interessante concezione strutturale affonda le sue radici nelle ricerche universitarie di Vincenzo Acciarri, nelle facoltà di architettura di Firenze e poi Venezia. L’idea di lavorare con strutture spaziali Acciarri la mette in pratica parallelamente nella sua esperienza come fermodellista, allenandosi all’uso di modelli in legno e balsa, e nei primi progetti “reticolari”, come la concessionaria Malatesta – FIAT a San Benedetto del Tronto (1970).
La centralità del plastico in tutte le fasi progettuali del “Riviera delle Palme” deriva proprio dalla consapevolezza – data dall’esperienza – che non fosse possibile progettare una struttura così complessa solo affidandosi al disegno e alle proiezioni ortogonali. Qui entra in gioco la mente intuitiva ma allo stesso tempo calcolatrice di Inghilleri. Sicuro del funzionamento della soluzione strutturale proposta da Acciarri, Inghilleri commissionò ad una società di Padova un programma per computer ad hoc che permettesse di tradurre il modello fisico in modello virtuale (n.d.r. Ricordiamo che il primo AutoCAD è datato 1982 e il primo ArchiCAD 1984).
Il computer dimostrò la validità della struttura di partenza e l’inutilità di ulteriori tiranti. Inoltre permise ad Inghilleri di dimensionare e quindi verificare le aste e i nodi sferici in modo sistematico. Come sottolinea Renato Pedio in L’architettura. Cronache e storia n. 351 (gennaio 1985), presentando un progetto ancora in fase di realizzazione, “Spicca già la nitida e trasparente struttura tridimensionale: oltre a combinare, come le è congeniale, leggerezza, resistenza ed economia, determina una certa complessità figurativa, propria del reticolo; e tanto più in questo caso, nel quale la struttura stessa è per così dire a portata di mano oltre che d’occhio, consentendo una fruizione percettiva multipla di scorci, di tagli e di virtuali levitazioni del costruito. Un grande ‘meccano’ prefabbricato che filtra nel paesaggio una propria presenza affrancata e cordiale, una rete permeabile ma consistente; e, confidiamo, un seme per un auspicabile completamento.”
Elemento caratteristico sono le quattro torri d’angolo in cemento armato precompresso che inglobano l’illuminazione del campo, i servizi igienici e di ristoro. Fungono da cerniera, compositiva e funzionale, tra le tribune e le curve disposte su due anelli sovrapposti. Gli anelli superiori esibiscono il movimento di entrata e uscita degli spettatori, concretizzandolo in rampe elicoidali di deflusso che abbracciano le quattro torri faro.
La proposta del 1982 prevedeva la copertura della sola tribuna centrale ovest, di altezza maggiore rispetto alle altre, lasciando aperta la possibilità per le altre tribune di future sopraelevazioni e coperture. Questa prima struttura metallica a sbalzo fu eseguita diversamente dallo schema strutturale presentato in fase di concorso. Nel 2010 si realizza la copertura integrale dei restanti tre lati (Arch. Vincenzo Acciarri, Ing. Domenico Palestini). Rivestita da pannelli fotovoltaici, questa nuova copertura riprende ed esibisce lo schema strutturale del progetto originario del 1982. Concepito inizialmente per accogliere 22.000 spettatori (n.d.r. 13.708 spettatori dal 2010), lo stadio è intenzionalmente progettato immaginando fasi temporali incrementali, come un palinsesto a cui aggiungere di volta in volta elementi primari – il secondo anello di spalti, la copertura – e secondari – palestre, piscine, aree fitness, ristoranti, spazi per lo spettacolo e spazi commerciali. È, in definitiva, un “organismo architettonico aperto, nello spazio e nel tempo, … capace di dilatarsi e crescere.” (G. Losco, M. D’Annuntiis, S. Cipolletti, Vincenzo Acciarri. 50 anni di architettura, L’informatore piceno editore, Ancona 2018)