Migrazioni e vocazioni
Cristiana Colli
37.50; 76.25; 7.50. Anno di numeri e cabala, di orientamenti e ispirazioni, di segrete corrispondenze tra le cose, di acronimi e virtuosi focolai creativi che sono la realtà aumentata delle parole e delle esperienze, gli indizi concettuali che attivano gli immaginari. Sono le parole e i progetti – la Città Adriatica e le sue emergenze urbane e architettoniche, le sue antropologie e sociologie, ma è anche Ars Aevi versus Sarajevo. Sono le incursioni e i gesti – i Saluti da Rimini di Maurizio Cattelan, le esperienze dell’altra sponda dello stesso mare, le prospettive geometriche di Piero e quelle di vita, le bolle greche di Traces.
Sono i tremori sociali – gli scogli di preghiera dei migranti di oggi, come le attese dei tanti ritorni di ieri e di domani. Sono le infinite e sorprendenti modalità con cui uno spazio diviene spazio pubblico. Così la spiaggia si mantiene punto di contatto di rilascio e di carotaggio per intercettare le fenomenologie della metamorfosi – la vita vera dei territori, delle persone, delle forme economiche e sociali – nel continuo cambio di stato tra i grandi processi della modernità e il cloud diffuso degli infiniti locali. E’ l’urgenza di parole irriducibili – migrazioni e vocazioni – così dense di significati e cortocircuiti diventa semantica, responsabilità individuale e collettiva, manifesto.
Così la spiaggia online e offline di Marzocca diventa anticipazione, omaggio alla storia, conoscenza e tema progettuale di rigenerazione diffusa tout court. Con la promessa di espandere lo spazio e il tempo chiuso di Marzocca – un intoccabile matrice del format – in un ipertesto attraverso i nuovi media, ben oltre gli effetti speciali della tecnologia, per mantenersi istantanei e simultanei, per mantenersi avamposto. Per i demani marittimi che decidono di essere spazio pubblico non per decreto ma per un’intenzione e una localizzazione culturale, e per tutte quelle sperimentazioni impegnate a costruire forme emancipate di cittadinanza. Davanti al mare, dentro un’app, tante app.
Demanio 5. Lucida Follia
Pippo Ciorra
La quinta edizione di Demanio coincide con un anno molto particolare, segnato da temi globali che però inevitabilmente coinvolgono la vita di ognuno di noi. Li elenco in ordine sparso: la centralità sempre più affermata dei temi legati all’ecologia, alla gestione delle risorse alimentari e alla salute pubblica (vedi Expo Milano); la ripresa economica, più o meno timida a seconda delle diverse aree del mondo; la pesantissima crisi greca e i mille quesiti che pone agli europei e in particolar modo a noi europei meridionali e mediterranei. Per un caso fortunato, o per una specie di inconscia lucidità di chi lo organizza, Demanio Marittimo è da sempre una specie di prolungamento naturale di tali questioni, e in particolare quest’anno sovrappone la sua attenzione a queste tendenze con particolare precisione, trasformandole in temi di discussione e di progetto.
Sulla spiaggia di Marzocca vediamo quindi in cosa si traduce la centralità del Food in termini di progetto economico, architettonico e di paesaggio. Vediamo anche come la sponda adriatica opposta alla nostra continui ad essere un contenitore di conflitti e tensioni e allo stesso tempo uno straordinario incubatore di creatività, pensiero critico e progetti che amiamo far depositare sulla nostra sabbia adriatica. Misuriamo infine come la supposta “ripartenza” economica e la sua crescente distanza dalla vecchia idea di ricchezza collettiva (welfare, mobilità sociale, lifestyle) si riflette nel modo in cui architetti e artisti (inaspettatamente insieme) ripensano non solo i loro edifici ma anche la natura stessa del loro lavoro e della loro presenza nel mondo. L’allestimento della quinta edizione disegna uno spazio molto adatto a un forum di questo tipo, allo stesso tempo molto architettonico e molto aperto, adatto a mettere insieme progetti dolcemente incerti tra architettura e arte degli autori più giovani con le presentazioni più autoriali e tradizionali e con panel e discussioni che ogni anno rivelano quanto vada accorciandosi, anno dopo anno, la distanza tra le “discipline” del progetto e la vita delle persone per le quali questi progetti sono pensati.
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