Prima di tutto è bello il dialogo tra forme e geometrie perfette – tra il cerchio del bicchiere e il cubo la sfera il parallelepipedo; e poi è buona la purezza trasparente. È una percezione dove i sensi si scambiano e si intrecciano – piace quello che si guarda o quello che si pensa, quello che si sfiora o quello che si assaggia? Seduce l’esperienza spaziale delle trasparenze o il cocktail? Chissà….
Fatto sta che queste sensazioni hanno un nome gentile e affettuoso, una parola calda per una cosa fredda, e poi nella sua radice c’è un omaggio – “Cino” è il soprannome che si porta dietro fin da piccolo. Il logo è un igloo stilizzato, una casa di cubetti per una storia di impresa che è anche un progetto di vita – quello di Federico De Sena e Irina Toma. Trasparenza purezza e resistenza – sono queste le caratteristiche del ghiaccio ideale, quello che non si scioglie mai. Nel parcheggio il viavai dei mezzi refrigerati che trasportano e ritirano il ghiaccio è il racconto di una società che cambia, cambiano i gusti, i desideri e i consumi. In questa azienda che ha visto il futuro si lavora col sorriso, maglietta bianca con l’igloo e una colonna sonora speciale – quella del ghiaccio che si forma e cade, si accumula e scrocchia.
Fuori sono 34 gradi, nelle celle frigorifere il display segna meno 14, un’escursione termica che mette alla prova nel periodo domini dell’anno, quando la domanda si impenna e si lavora a pieno regime per non interrompere le catene del freddo e preservare così la qualità del prodotto. Sì stiamo parlando di ghiaccio, ma dire ghiaccio è riduttivo – c’è ghiaccio e ghiaccio. Nelle filiere alimentari della qualità non c’è posto per le commodity ma solo per componenti con nome e cognome, per esperienze di innovazione e ricerca, per avventure che uniscono territori e tradizioni, per dialoghi che sono ponti tra storie e geografie. Quella di GHIACCInO è appunto una storia speciale.


Fatto sta che queste sensazioni hanno un nome gentile e affettuoso, una parola calda per una cosa fredda, e poi nella sua radice c’è un omaggio – “Cino” è il soprannome che si porta dietro fin da piccolo. Il logo è un igloo stilizzato, una casa di cubetti per una storia di impresa che è anche un progetto di vita – quello di Federico De Sena e Irina Toma. Trasparenza purezza e resistenza – sono queste le caratteristiche del ghiaccio ideale, quello che non si scioglie mai. Nel parcheggio il viavai dei mezzi refrigerati che trasportano e ritirano il ghiaccio è il racconto di una società che cambia, cambiano i gusti, i desideri e i consumi. In questa azienda che ha visto il futuro si lavora col sorriso, maglietta bianca con l’igloo e una colonna sonora speciale – quella del ghiaccio che si forma e cade, si accumula e scrocchia.
Fuori sono 34 gradi, nelle celle frigorifere il display segna meno 14, un’escursione termica che mette alla prova nel periodo domini dell’anno, quando la domanda si impenna e si lavora a pieno regime per non interrompere le catene del freddo e preservare così la qualità del prodotto. Sì stiamo parlando di ghiaccio, ma dire ghiaccio è riduttivo – c’è ghiaccio e ghiaccio. Nelle filiere alimentari della qualità non c’è posto per le commodity ma solo per componenti con nome e cognome, per esperienze di innovazione e ricerca, per avventure che uniscono territori e tradizioni, per dialoghi che sono ponti tra storie e geografie. Quella di GHIACCInO è appunto una storia speciale.
La prima fase del processo avviene con le elettroseghe, e poi saranno le seghe a nastro ad affinare e perfezionare le sagome. Si resta ammirati dalla maestria con cui la grande lastra perfettamente trasparente e cristallina – grazie al processo produttivo che garantisce all’acqua un continuo movimento – viene sezionata con progressivi sistemi a squadro in una serie di passaggi fino ad arrivare ai formati della collezione: 5x5x6 il cubo, 6,4 il diametro della sfera, 4x4x13 la stecca. Sono operazioni difficili, provate e riprovate, ogni volta con il rischio che variazioni di temperatura incidano nella gestione della forma e della geometria attesa. Al termine del processo i pezzi speciali vengono posizionati singolarmente in un packaging dedicato. Il segreto del ghiaccio perfetto si riassume in tre condizioni – la durata, significa che si deve sciogliere lentamente, e deve mantenere il più possibile la consistenza; la permanenza della temperatura, significa che deve mantenere il freddo senza sciogliersi; la separazione dei cubetti, significa che non si devono creare masse indifferenziate. L’acqua che si utilizza è quella dell’acquedotto, ma il sistema di depurazione e purificazione da quando entra a quando esce è una progressione sempre più accurata e severa, dove un sistema complesso di tubi garantisce che l’acqua venga filtrata, declorata, poi addolcita, raffreddata e infine sterilizzata.
Naturalmente la capacità di governare in sicurezza il processo viene prima di tutto dalla relazione originaria con gli staff tecnici di Hoshizaki, depositari di un know how pregiato e multidisciplinare custodito nella tecnologia dei fabbricatori ma anche nella conoscenza profonda del prodotto e del ciclo di produzione. A partire dall’obiettivo più ambizioso e più difficile – creare ghiaccio puro, trasparente, resistente – un primato riconosciuto internazionalmente all’azienda di Nagoya sin dalla sua fondazione nel 1947.






…il tuo ghiaccivendolo
Alla manifattura realizzata con la massima cura si aggiunge una suite di servizi che completano l’offerta eccellente – il confezionamento a intervalli regolari per una qualità costante e stabilizzata, la distribuzione con automezzi frigoriferi a temperatura negativa e ottimale lungo tutto il tragitto. E i tragitti sono ormai in tutta la penisola. Se non si onorano queste prerogative sarà molto difficile per gli operatori lavorare il ghiaccio e soprattutto sarà impossibile accedere al gotha del settore fatto non solo da ristoranti e bar ma anche dalle filiere della panificazione e della pasticceria. I settori sono in rapida evoluzione, e all’orizzonte si intravede il mondo della GDO, che significa anche per l’Italia un uso domestico stabile e quotidiano del ghiaccio. Del resto il ghiaccio, come il sale, incorpora gli immaginari della purezza, le metafore della trasparenza, l’iconografia della conservazione e della vita, e una dimensione del tempo infinita e perenne. Materiali che superano la funzione e diventano simboli, icone, memorie e talvolta romanzo di formazione. A pensarci bene il ghiaccio per immagini è tante cose, e ognuno ha il proprio pantheon – dalla magnificenza dell’iceberg visto al cinema, dipinto, fotografato, o studiato nei libri di scienze, al cubetto sul ventre di Kim Basinger in Nove settimane e mezzo; dai ghiaccioli colorati e fluorescenti che hanno accompagnato generazioni, quelli verdi rossi e arancioni che si mettevano sulla fronte sudata negli infiniti pomeriggi estivi e poi si succhiavano, fino ai carretti con i blocchi avvolti nella canapa, pronti per diventare granite. Il ghiaccio, nelle sue tante rappresentazioni, accompagna la storia dell’uomo ed è strettamente correlato alla sua sopravvivenza. E che sia custodito nelle neviere o prodotto da sofisticate tecnologie, non smette di incarnare quella duplicità intrigante e ambivalente che fa del più freddo degli elementi quello che più scotta. Ghiaccio bollente si diceva!



