Il 18 settembre 1938 Benito Mussolini annuncia da un palco eretto davanti al Municipio di Trieste, in Piazza Unità d’Italia la volontà di istituire leggi razziali. Il Regio decreto legge n. 1728 “Provvedimenti per la difesa della razza italiana” non tarda ad arrivare. È il 17 novembre 1938 quando le misure discriminatorie e antisemite entrano ufficialmente a far parte dello stato fascista. Per Roberto Morpurgo, ventiquattrenne studente di ingegneria civile all’Università di Bologna, la laurea è una lotta contro il tempo. Riesce a laurearsi appena qualche settimana prima di tali provvedimenti, ossia tra il settembre e l’ottobre del 1938. Nel 1939 è già in Brasile, a Rio de Janeiro, dove lavorerà come ingegnere strutturista per quasi un decennio. Lì trova un ambiente fertile per la sperimentazione dell’uso del calcestruzzo armato su larga scala, linee di ricerca già percorse e promosse da figure di spicco del mondo dell’ingegneria brasiliana come Emílio Odebrecht, Lambert Riedlinger (colui che aveva importato tale tecnica costruttiva nel 1911 dalla Germania), ma soprattutto Emílio Baumgart.
Il primo grande lavoro è un edificio a torre in cemento armato per il Banco industrial brasileiro in Rua do Rosario n.109-111 per l’impresa di costruzioni Gusmão, Dourado & Baldassini, Ltda. A soli 25 anni, salì impavido sul tetto per la prova di carico, convinto della bontà dei suoi calcoli. Nel 1947 torna dal Brasile e lavora con il fratello all’interno dell’impresa del padre Remo. Si occupa e si occuperà sempre di calcoli, progettando soprattutto grandi alberghi e capannoni industriali. Tra le altre cose nel 1951 lavora al ripristino e ampliamento delle cosiddette “sale di maternità” per la Manifattura Tabacchi di Chiaravalle, dove poter dormire, allattare e trascorrere del tempo libero, danneggiati dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale.
Ricercatore nel vero senso del termine, aveva una padronanza massima della scienza delle costruzioni e una fiducia incondizionata per il regolo calcolatore, suo fedele compagno di viaggio. Ogni progetto era una nuova sfida e un’occasione per innovare i sistemi costruttivi tradizionali e contemporanei. Tra gli anni 60 e 70 aveva sviluppato un sistema di calcolo del telaio in calcestruzzo armato talmente efficiente da renderlo competitivo economicamente con il sempre più dilagante sistema prefabbricato. La “Casa per la signora Clelia Morpurgo” a Senigallia in via Puglie n. 8 progettata con Giorgio Morpurgo (Collettivo di Architettura, Milano) alla fine degli anni 50, ne è esempio lampante. Formata da due anelli poligonali concentrici – uno di pilastri perimetrali e uno di pilastri interni – rendeva lo spazio centrale dell’atrio completamente libero di travi ed elementi portanti, permettendo lo sviluppo di una scenografica scala sospesa al solaio sovrastante. I pilastri così snelli sono il risultato di un calcolo estremo, possibile solo sfruttando al limite il modello del sistema a telaio ed evitando la più comoda semplificazione in piedritti e travi semplicemente appoggiate. Roberto Morpurgo era anche un disegnatore talentuoso e preciso. Aveva una pragmatica predilezione per la mina 3H nei disegni tecnici, mina talmente dura che solcava inesorabilmente i fogli, non ammettendo errori o ripensamenti. Ogni segno era “calcolato”, risolutivo e definitivo.