Ritorna, dopo l’edizione di testimonianza dell’estate 2020, Demanio Marittimo.Km-278, la notte sulla spiaggia, dalle 6 di sera alle 6 del mattino, dedicata a ospitare storie, idee, progetti dei protagonisti delle arti, dell’architettura, del design. L’undicesima edizione ha un titolo emblematico – En plein air – una citazione che rimanda alla dimensione reale, simbolica e progettuale dello stare fuori e dello stare insieme. Resta l’invito al pubblico a compiere un viaggio di 12 ore attorno alla cultura e alla progettazione contemporanea, e alla loro capacità, ora più che mai necessaria, di connettersi con i territori, le loro comunità e i loro orizzonti.
En plein air
Cristiana Colli
En plein air è una citazione, uno statement, è il paesaggio desiderato, il respiro con tutta la sacralità simbolica millenaria, il corpo libero nello spazio, l’infinito delle connessioni on air, la dimensione digitale accanto a quella fisica. En plein air sono le risonanze e le associazioni, i confini fluidi tra le discipline – filosofia, geografia, scienza, arte, architettura, biologia, scrittura, poesia, geologia – ogni cosa dentro l’altra, tutto interconnesso, interdipendente. En plein air è la trasparenza e la permeabilità dei dialoghi tra linguaggi e strutture cognitive che sostengono e socializzano la rappresentazione – dati, algoritmi, mappe, infografiche, data hub – accanto alla Parola che permane nella sua irriducibile centralità. Questo Demanio ha un tratto di gentilezza e di grazia che si impone, a partire dalla Natura e dal progetto Selva che accoglie la community. La sua edificazione è l’immanenza del mare e della vita accanto, il respiro degli altri che non è un’insidia ma un dono, lo sguardo di chi c’è ma non si vede, il soffio vitale che affida le partizioni a creature viventi che sentono, respirano, profumano, rinfrescano. È la radicalità dello spazio pubblico come corpo vivo, palpitante, sensibile. Un manifesto. La natura di Demanio ha le matrici degli erbari e delle classificazioni botaniche, le identità autoctone, le curve di livello della macchia mediterranea che abita i lungomari, la perseveranza dei vivai adriatici, le infrastrutture tangibili e intangibili dell’ecosistema. È una Natura pensata e progettata, un luogo dell’accoglienza e delle interrogazioni rispetto all’arte che si espande, alla città che evolve tra morfologia e senso di comunità, all’architettura che crea identità e segni di appartenenza, ai paesaggi in cammino – siano essi digitali, anfibi o sottomarini, visibili, invisibili o solo immaginati. En plein air non rinuncia al cortocircuito, col frame verde che assomiglia a un’infografica su un display. E l’impossibile che si palesa – come il tavolo-isola in mezzo al mare – è la coabitazione poetica di un sistema della vita dove tutto si tiene, dove tutto conta, dove tutto è caro. Così la comunicazione trasfigura i volti con tattoo digitali, tracce di piante, conchiglie, fiori, fili d’erba, insetti, reperti, pesci che arrivano da una dimensione aliena e sospesa con movimento cadenzato, orologio di un mondo e di un tempo nuovo. È quell’addomesticarsi tra creature che si accolgono e si riconoscono nella diversità; è la selva del globo terraqueo che rinnova dopo 700 anni gli stessi enigmi – curiosa coincidenza l’anniversario di Dante come lo fu nel 2019 quello dello sbarco sulla Luna. En plein air è infine la scena dinamica e appassionata della giovane arte architettura e ricerca che abita mari città e borghi, è l’Adriatico aperto sull’Oriente d’Europa e connesso al mondo, è la traccia di quel futuro che avevamo immaginato. Da questa spiaggia demaniale, col cielo sopra, la terra sotto, il mare e l’aria intorno – tutto a posto, tutto sovvertito.
En plein vie
Pippo Ciorra
Demanio Marittimo ritorna quest’anno non solo en plein air, ma à la pleine vie, in piena vita, almeno per quanto consentito dalla condizione sanitaria attuale. La scelta naturalmente ha molti significati. Il primo è un atto di “obbedienza civile”. Vale a dire l’intento di assecondare quella voce che dentro e fuori di noi continua a ricordarci che la virtù massima della democrazia ha le sue radici nella vita pubblica, nella possibilità di incontrarci e confrontarci, nella possibilità di mettere in scena le relazioni nello spazio in cui si identifica la comunità. Il secondo messaggio che ci viene dallo sforzo fatto per riportare Demanio Marittimo km 278 a una dimensione (vicina a quella) normale è la piena consapevolezza delle conseguenze politiche e sociali della pandemia: l’ipertrofia degli spazi individuali e familiari vs quelli collettivi, la spinta a riportare all’interno dello spazio domestico molte attività che per decenni abbiamo identificato con lo spazio pubblico, e naturalmente la paura, che identifica il benessere sanitario come un’urgenza che rischia di cancellare le molte altre forme di well-being sulle quali poggia la qualità della nostra convivenza e l’attenzione a quanto succede fuori di noi, lontano dai nostri polmoni. Il terzo e importante significato è il modo in cui la comunità che si raccoglie intorno a Demanio intende reagire a questo insieme di condizioni problematiche. Reazione che deve andare in due direzioni. Da un lato consolidare il potere della cultura e delle arti come strumento attivo di costruzione dello spazio pubblico e del suo spessore democratico. La spiaggia di Marzocca, in questo senso, non è che l’esempio della forza potenziale del progetto culturale (e architettonico) come agente concreto di inclusione e di rigenerazione, intesa in questo caso come resistenza alla chiusura che viene dal pericolo sanitario. Dall’altro confrontarsi con la presenza crescente della scienza e della tecnologia (digitale). Lavoriamo affinché la prima sia nostra alleata nel tenere ben separati i concetti di isolamento sanitario e isolamento sociale. Dalla seconda, ci aspettiamo che sia non solo il sordo dispositivo funzionale di una socialità senza contatto, ma piuttosto uno strumento attivo nella costruzione di forme aggiornate e aumentate di partecipazione, incontro, produzione culturale. La riduzione della parte pubblica della nostra vita ci è imposta oggi dalla pandemia, ma domani chissà, potrebbe venire da qualsiasi soggetto – governo, azienda, università – a cui tutto sommato questa condizione piace. Per sottolineare allora come l’architettura e le arti debbano essere un antidoto essenziale a questo pericolo Demanio ha coinvolto in massa i giovani architetti e i giovani artisti italiani. L’idea è che la loro dimestichezza innata con la tecnologia, la questione climatica e ambientale, l’inclusione e il mix sociale siano risorse essenziali per immaginare un buon futuro.
Photo credits: Simone Pegoli – www.photogaep.it
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